Cultura

Adriano Panatta, ma che noia i film sul tennis

Amo tutto il cinema da 'Transformers' a 'Caos calmo'

Redazione Ansa

"I film sul tennis? Noiosissimi. Il protagonista non è mai credibile. Non si possono imitare certe cose, certi movimenti. Dell'ultimo che ho visto, BORG MCENROE ho però apprezzato l'attore che fa la parte di Borg (Sverrir Gudnason, ndr.): è davvero identico al campione svedese, almeno in quanto ad espressioni".

Così, alla quinta edizione del Filming Italy Sardegna Festival di Tiziana Rocca, Adriano Panatta, uno che di tennis se ne intende. Il campione, tra i protagonisti del documentario UNA SQUADRA di Domenico Procacci - andato prima al cinema, in versione ridotta, e poi come docu serie su Sky Documentaries - con il racconto della vittoria dell'Italia in Coppa Davis nel 1976 contro il Cile, si dice subito un vero appassionato di cinema. "Da ragazzo non avevo tanto tempo per andare al cinema, ma quando potevo ne facevo una bella scorpacciata guardando di tutto, da commedie molto leggere a film come TRANSFORMERS e CAOS CALMO".

I film preferiti? "Tutti quelli che mi stupivano e oggi mi stupiscono. Mentre tra gli attori più amati ci sono sicuramente Anna Magnani ed Aldo Fabrizi. Proprio ieri stamattina - dice Panatta a Forte Village - ho visto POVERI MA BELLI su Raitre. Quello era davvero cinema d'avanguardia". Dove sta andando lo sport? "Sicuramente non è più quello di una volta, è ormai più biomeccanica che talento. Il tutto praticato da atleti super allenati, più alti, più forti e più veloci di quelli di prima : il talento, data la velocità estrema, è più difficile che emerga". Com'è cambiato il tennis? "Totalmente. C'è molta più professionalità, interessi e business. Basti pensare che ai miei tempi quando dovevo giocare all'estero ero io che mi compravo il biglietto e poi andavo a Fiumicino".

Nella vita di Adriano Panatta anche la grande passione per l'Offshore. "Come ci sono arrivato? È semplice: le mie due grandi passioni sono il mare e motori e così non potevo che praticare questo sport che ho fatto per ben 25 anni, molto più a lungo del tennis. Uno sport in cui ho rischiato di morire almeno tre o quattro volte, ma se hai dentro quella passione vai avanti e lo fai rischiando".

Come vede Roma ora che vive a Treviso? "Vengo a Roma ogni mese e la vedo come una bellissima signora con tante rughe, una signora però che dovrebbe andare dal parrucchiere più spesso". Da bambino, confessa, "volevo fare il medico, ma poi è la vita che sceglie per te", comunque nessun pentimento: "So di aver fatto molti errori e oggi con l'esperienza di uomo di 72 anni ne farei sicuramente meno. Comunque - sottolinea - sono sempre stato me stesso mi è solo cambiata un po' la voce".

Quelle magliette rosse messe nella finale di Coppa Davis contro il Cile di Pinochet? "No. Non avevamo alcuna coscienza politica. Eravamo incoscienti, ma molto arrabbiati e vedevamo quello che succedeva come un'ingiustizia".

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