Cultura

Del Toro, La fiera delle illusioni e il male senza redenzione

Nelle sale il film con Bradley Cooper e Cate Blanchett

Redazione Ansa

"Ci sono soltanto due storie degne di essere raccontate in qualsiasi forma: la storia di un personaggio che ottiene tutto ciò che vuole, e la storia di un altro che perde tutto". Parola di Guillermo del Toro che in LA FIERA DELLE ILLUSIONI - NIGHTMARE ALLEY racconta entrambe le cose. E questo dopo un incipit che è una lunga discesa agli inferi in quella specie di chiesa laica che è il circo, dove il mistero è di casa insieme a freaks, mentalisti, tunnel dell'orrore e dipendenze. E del Toro racconta tutto questo con una favola morale dove il cattivo è inevitabilmente vittima di se stesso e dove c'è un peccato e un peccatore senza redenzione, ma non senza punizione. Il film, in sala dal 27 gennaio con Walt Disney Pictures, sceneggiato dallo stesso del Toro insieme a Kim Morgan, e basato sul romanzo di William Lindsay Gresham più che sul film del 1947 di Edmund Goulding, ha come protagonista un uomo senza Dio, ovvero il carismatico Stanton Carlisle (Bradley Cooper). Un uomo "che porta guai", così lo definisce la seduttiva chiaroveggente Zeena (Toni Collette) che insieme a suo marito Pete (David Strathairn), ex mentalista in un luna park itinerante, lo inizia al mondo del circo e soprattutto a truffare gli altri facendo credere di interpretare presente e passato. E Zeena sarà solo la prima delle tre dark lady, in questo melo noir firmato dal regista messicano, ad accompagnare Stanton sulla strada del male. Dopo una prima parte nel mondo del circo - luogo delle illusioni per eccellenza, pieno come è di promesse non mantenute, felicità procrastinate, "uomini bestia" e rifugio di chi non vuole farsi trovare - Stan infatti lo abbandona. E lo fa insieme a un'altra rappresentante di questa piccola comunità di saltimbanchi, ovvero Molly (Rooney Mara), signora dell'elettricità da cui viene attraversata senza alcun apparente danno. Con lei al suo fianco come assistente, Stanton ormai padrone di tutti i trucchi del mentalista, pianifica di imbrogliare un potente magnate (Richard Jenkins) - che ricorda Charles Foster Kane di QUARTO POTERE - con l'aiuto di una psichiatra (Cate Blanchett), archetipo della donna malvagia e fatale. E questo nell'alta società newyorkese degli anni Quaranta dove impera l'astratto geometrismo dell'Art Deco. "Volevo raccontare una storia classica in modo vivido e contemporaneo, ma volevo anche che gli spettatori si rendessero conto che questa storia parlava del nostro mondo attuale". E ancora del Toro sul senso morale de LA FIERA DELLE ILLUSIONI: "Quando gli spettatori provano un senso di coinvolgimento nell'assistere all'ascesa di un personaggio, la loro più grande paura diventa la caduta di quel personaggio, che può avere un grande impatto emotivo". Questo grande affresco noir di Guillermo del Toro che, lontano dai toni fantastici de LA FORMA DELL'ACQUA, affonda invece i denti nella realtà degli anni Trenta dove i "mostri del circo" sono ben poca cosa rispetto a quelli dell'alta società, resta un cupo melodramma morale tra luci e ombre. Un'opera creativamente a macchia di leopardo di oltre 150 minuti piena di citazioni che in America ha diviso la critica e deluso al box office (solo dieci milioni di dollari). Certo c'è davvero tanta roba e anche molto bella in questo film, ma quello che forse manca, ha notato più di un critico, è l'empatia. Insomma non ci si affeziona abbastanza a questi personaggi votati come sono, fin dall'inizio, a sprofondare tra le fiamme senza alcun pentimento proprio come il Don Giovanni di Mozart dipinto da Lorenzo Da Ponte.

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