(ANSA) - ROMA, 02 APR - L'Italia dagli anni Sessanta a metà
degli anni Ottanta fu un vero laboratorio artistico a cui guardò
tutto il mondo, una storia poco conosciuta che viene raccontata
puntualmente da 'La rivoluzione siamo noi (Arte in Italia
1967/1977)' di Ilaria Freccia, già al Festival di Torino e dal 1
aprile, grazie a Istituto Luce-Cinecittà, in streaming gratuito
(www.cgentertainment.it/ premiere).
Che accadde in quegli anni? Ce lo racconta appunto questo
documentario che prende il titolo da una foto-manifesto di
Joseph Beuys con l'artista tedesco che avanza spedito come in un
'quarto stato' in solitaria. Una sintesi perfetta per indicare,
attraverso uno sterminato apparato iconografico, materiale di
repertorio e interviste, quell'irripetibile momento creativo.
Anni unici durante i quali si sono ritrovati a convivere insieme
artisti come Marina Abramovic, Michelangelo Pistoletto, Andy
Warhol, Luigi Ontani, Pino Pascali, Alighiero Boetti, Jannis
Kounellis e Beuys stesso. E questo insieme a galleristi di fama
internazionale come Lia Rumma e Fabio Sargentini. Basti solo
pensare che la galleria Lia Rumma, fondata a Napoli nel 1971, fu
inaugurata con una personale di Joseph Kosuth: 'L' ottava
investigazione (A.A.I.A.I.), proposizione 6'. Da allora nei suoi
spazi passarono le nuove tendenze della scena internazionale tra
cui l'Arte Povera, la Minimal Art, la Land Art e l'Arte
Concettuale presentando artisti consolidati ed emergenti tra
cui, oltre i già citati, Abramovic e Pistoletto, Giovanni
Anselmo, Alberto Burri, Gino De Dominicis, Donald Judd, William
Kentridge, Anselm Kiefer, Robert Longo, Reinhard Mucha, Haim
Steinbach, Thomas Ruff e molti altri. Stesso discorso per Fabio
Sargentini e la sua storica Galleria L'Attico di Roma che ha
lanciato molti artisti tra cui Pino Pascali, Kounellis, Luigi
Ontani, Piero Pizzi Cannella, Nunzio, Sergio Ragalzi, Giancarlo
Limoni, Claudio Palmieri, Enrico Luzzi, Marco Tirelli e Claudio
de Paolis. (ANSA).
La rivoluzione siamo noi, l'arte italiana 1967-1977
In un docu l'Italia felice dal minimalismo ad arte povera