Cultura

Da Parasite a Minari, Sud Corea protagonista agli Oscar

Regista Lee Isaac Chung, racconto mia famiglia immigrata in Usa

Redazione Ansa

A poco più di un anno dal trionfo agli Oscar di Parasite di Bong Joon-Ho, la Corea del sud torna protagonista agli Academy Award con Minari, delicato e potente racconto famigliare, ispirato dalla storia personale del regista Lee Isaac Chung, classe 1978, nato a Denver da genitori sudcoreani immigrati negli Usa. Il film, prodotto dalla Plan B di Brad Pitt, che in Italia arriverà distribuito da Academy Two, ha ottenuto sei candidature (esattamente quante ne aveva avute Parasite che poi aveva conquistato 4 Oscar): Miglior film, regia, sceneggiatura originale, colonna sonora, migliore attore protagonista per Steven Yeun, primo attore asiatico americano (è nato a Seul e cresciuto tra Canada e Usa), a entrare in questa cinquina, miglior attrice non protagonista per un'icona del cinema sudcoreano e non solo, Youn Yuh-Jung. Un importante traguardo che arriva dopo altre decine di riconoscimenti e candidature dal Premio del pubblico e il Gran Premio della giuria al Sundance 2020, al Golden Globe come miglior film in lingua straniera. "E' iniziato tutto quando mi sono messo a scrivere dei miei ricordi del nostro periodo in Arkansas ( dove i genitori avevano lottato per creare e mantenere una propria fattoria, ndr), ma non pensavo ancora a una sceneggiatura - ha spiegato Lee Isaac Chung in un recente incontro online organizzato dall'American Cinemateque -. Sono iniziati a emergere i contorni del racconto, nella storia del viaggio di questa famiglia e ho iniziato a scrivere lo script". Seguiamo Jacob (Yeun), immigrato coreano negli Usa, che decide negli anni '80 di trasferirsi dalla California all'Arkansas, con la moglie Monica (Han Ye-ri) e i due figli ancora piccoli, David (lo strepitoso Alan Kim, otto anni, qui al debutto, già premiato come migliore giovane attore dai Critics Choice award) malato di cuore, e la sorella Anne (Noel Kate Cho). Jacob pur continuando a fare il lavoro nel quale è molto abile ma che detesta, la selezione veloce dei pulcini tra maschi (destinati a essere eliminati) e femmine in un'impresa agricola, prova a realizzare contemporaneamente il suo sogno, creare una propria fattoria in cui coltivare verdure e frutta coreane da destinare ai negozi specializzati. Monica, anche lei abile selezionatrice di pulcini, sempre meno fiduciosa nei sogni del marito, fa arrivare dalla Corea, per aiutarli, la madre Soonja (Youn Yuh-Jung, che unisce con straordinaria intensità forza vitale e vulnerabilità). La donna, brillante, positiva e anticonformista, fatica inizialmente a superare le diffidenze del nipote David, pronto a contestarla anche con scherzi pesanti, prima di iniziare a comprenderla. Nel cast, fra gli altri, brilla anche Will Patton, nel ruolo del vicino di casa, Paul, veterano della guerra in Corea, con abitudini bizzarre legate alla sua religiosità, che decide di aiutare Jacob. "Volevo che questa famiglia avesse una vita cinematografica a sé. Sono personaggi diversi da noi, hanno nomi diversi. Nella storia però ho infuso alcuni miei ricordi; ci sono molte cose realmente accadute, e anche alcune mie esperienze da adulto". Ad esempio, "trovo che Jacob rispecchi sia me sia mio padre". Fino alle prime fasi della produzione Lee Isaac Chung non aveva spiegato esattamente alla sua famiglia "cosa avrei raccontato e loro erano preoccupati - racconta -.E' che avevo paura di cosa mi avrebbero detto e non volevo distrarmi da quello che volevo fosse il film. Quando gliel'ho mostrato la prima volta è stata un'esperienza molto forte e catartica. Eravamo tutti molto commossi". Ora "sono molto fieri del film - aggiunge -. Gli sono grato per la grazia che hanno dimostrato nel permettermi di 'esporli' nella storia". Proprio la verità e l'emozione che traspaiono in Minari sono per la coproduttrice Christina Oh, tra i motivi del riscontro che il film sta ottenendo: "Nei tempi che viviamo penso le persone rispondano di più a storie raccontate con onestà e realismo".

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