Cultura

Angèle, precaria aspirante rivoluzionaria contro il mondo

In dramedy Cosa resta della rivoluzione in sala dal 27 agosto

Redazione Ansa

    I sessantottini che lottavano per cambiare il mondo ma sono finiti ad accettare mille compromessi per pagarsi le case delle vacanze, e ora da anziani, predicano ai giovani precari sulle poche possibilità che hanno, ancora alzano il pugno ma non hanno nessuna intenzione di lasciare la loro poltrona comoda e ben pagata. Sono uno dei tanti bersagli di Angèle, urbanista idealista ("viviamo in una società di orchi" dice in una delle sue appassionate arringhe al suo capo, quando la licenzia), protagonista di Cosa resta della rivoluzione, firmato dall'attrice, autrice e regista Judith Davis (qui anche protagonista), dramedy sociale premiata dal pubblico al Festival di Angouleme e in arrivo nelle sale dal 27 agosto con Wanted Cinema.
    Il film, per il quale Judith Davis (già fra gli interpreti di film come Viva la libertà di Roberto Andò e I miei giorni più belli di Arnaud Desplechin), si è ispirata al suo omonimo spettacolo teatrale, mette in scena le donchisciottesche giornate di una trentenne di oggi, impegnata quotidianamente in piccole e grandi battaglie (a volte dagli esiti tragicomici), spesso supportata dalla migliore amica Leonor (Claire Dumas), scultrice, per cambiare la società precaria di oggi. Sua fonte d'ispirazione è il padre ex maoista, altrettanto idealista e sognatore, tanto affettuoso quanto incapace di gestire i soldi.
    In un mondo dove tutti corrono e pochi ascoltano, Angèle va avanti tra picchetti, collettivi e invettive, anche contro la più realista sorella maggiore, Noutka (Melanie Bestel), della quale non vede le fragilità.
    "Siamo talmente impauriti dal venire considerati ingenui o ridicoli, che non osiamo più parlare" spiega, ma anche lei si blocca quando si tratta di affrontare la sfera dei sentimenti, verso Said (Malik Zidi), anticonvenzionale preside di scuola elementare o la madre (Mireille Perrier), che rientra nella sua vita. Judith Davis non ha paura a mescolare i toni, anche in modo poco equilibrato ma comunque coinvolgente, tra diverse sfumature di commedia, satira sociale, e racconto famigliare.
    (ANSA).
   

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