Cultura

Atlantiques, i boat people del Senegal

Mati Diop, con questo film riscatto i migranti

Redazione Ansa

Una sorta di Giulietta e Romeo senegalesi: sono Ada e Suleiman, divisi dal mare e, soprattutto, dalla povertà. Parte così 'Atlantiques', in concorso per la Francia in questa 72/a edizione del Festival di Cannes, firmato da Mati Diop, prima regista africana in corsa sulla Croisette (anche se lei si meraviglia di questo primato, "per i francesi - dice - sono solo una di loro, una francese").

Questa la storia del film, girato dalla cineasta di origine senegalese per riscattare in qualche modo le ragioni di chi parte, dei boat people. Ada (Mama Bineta Sane), giovane donna di Dakar, è innamorata di Suleiman (Traore), un operaio da troppo tempo senza lavoro e salario. Non solo, Ada è anche promessa sposa a un altro uomo di nome Omar (Babacar Sylla), molto ricco e anche gentile, ma che lei non ama. Un giorno, però, Suleiman scompare e tutti lo credono morto, specie quando sulla spiaggia di Dakar iniziano ad affiorare i corpi dei suoi amici e compagni di lavoro. Ma Ada non rinuncia a sperare che il suo uomo si sia imbarcato verso la Spagna su una delle tante piroghe alla ricerca di un futuro migliore e che torni.

Nel frattempo a Dakar avvengono strani incendi legati ad avvistamenti di persone, o meglio di spettri di migranti che hanno affrontato quel viaggio in mare e non ce l'hanno fatta. Atlantiques, va detto, è basato su un corto omonimo della stessa Diop del 2009, già passato in molti festival in giro per il mondo vincendo molti premi (tra cui il Tiger Award a Rotterdam), che aveva lo stesso tema di questo film esordio della regista senegalese. L'emigrazione illegale del Senegal nel 2009, secondo la regista, ha visto la realtà di questi uomini "troppo spesso tradita e io ho come sentito il bisogno di una riparazione, di un riscatto". I ragazzi di Atlantiques "sono come miei fratelli - dice ancora Mati Diop - anche se ho sempre vissuto a Parigi".

Quanto al fatto che la sua terra d'origine con le sue storie sia finalmente rappresentata a Cannes, "è una cosa triste che non sia accaduto prima - dice - , mi sono commossa quando l'ho saputo, come per qualcosa che ti succede ma non ti appartiene, è più grande di te. Conosco quanto sia importante avere punti di riferimento. L'idea che anch'io possa diventarlo, almeno per quelli che saranno influenzati dal mio film, mi riempie di gioia. Sarebbe come diventare una sorella maggiore".

Leggi l'articolo completo su ANSA.it