Cultura

Potter, femminismo è lottare per umanità

La regista britannica ha ricevuto a Roma il Nastro europeo

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 13 LUG - Nella vita "sono fiera di considerarmi femminista e di tenermi per mano con chiunque condivida questa via di progresso attraverso la storia". Parola di Sally Potter che ieri sera in occasione della rassegna all'aperto Cinema on the green a Villa Wolkonsky, residenza romana dell'Ambasciatore Britannico Jill Morris, ha ricevuto da Laura Delli Colli, presidente del Sindacato nazionale Giornalisti Cinematografici il Nastro europeo (assegnato per la prima volta, dalla sua creazione, nel 1989, a una regista) per la sua carriera e in particolare il suo ultimo film, la caustica commedia in bianco e nero Post Brexit The Party, che aveva debuttato in Italia alla Festa del Cinema di Roma. "Ora è più facile dire di essere femminista, rispetto a 20 anni fa - ha spiegato la regista prima della proiezione di The Party, in una conversazione con il giornalista Hakim Zejjari -. Allora non potevi pronunciare la parola senza prima fare un sussulto, perché sapevi che saresti stata vista come qualcuno pieno di rabbia ed era una cosa che non sopportavo. La realtà è che femminista vuol dire volere qualità, dignità, umanità, chiedere che anche questa metà della razza umana, sia trattata con giustizia. Chi può non volerlo? Nessuno". Nel fare cinema però "non credo che la biologia del regista sia un fattore determinante". Anche se, racconta, per il suo primo lungometraggio, The Gold diggers (1983) ha voluto una troupe tutta al femminile come "atto politico, per aprire le porte dei sindacati dell'industria del cinema alle donne, che allora ne erano in gran parte escluse". In The Party (interpretato da straordinario cast che comprende Timothy Spall, Kristin Scott-Thomas, Patricia Clarkson e Bruno Ganz) tragicomica implosione dei rapporti fra coppie e amici appartenenti alla borghesia inglese, la regista non risparmia frecciate all'elite da una parte all'altra della Brexit: "E' una sorta di tragedia all'interno di una commedia, che tocca temi atavici, ma radicata nell'attualità politica di oggi. Mostra come certi conflitti si ripercuotano sulle psicologie e i rapporti fra questi personaggi". Un gioco al massacro che rende in commedia nera: "Ridere è una medicina potente, ti dà la forza per combattere. E' un atto liberatorio una sorta di risveglio. Attraverso la risata, le illusioni dell'ipocrisia, la pomposità, le frustrazioni che le persone hanno su se stessi si infrangono e vedi la fragilità dell'essere umano". La cineasta, che ha deciso di fare la regista 14 anni, autrice di pellicole come Orlando e Lezioni di tango, è stata profondamente influenzata dai maestri del cinema italiano: "I loro film, soprattutto quelli del periodo più classico, in bianco e nero, come il primo Fellini, ma anche Visconti, De Sica, e poi Pasolini o Antonioni, erano così pieni di idee, di incredibili location, dal ventre delle città a straordinari posti al di fuori. Sapevano raccontare l'essere umano che lottava con la propria realtà. E lo facevano rispettando il pubblico con così tanta intelligenza e la capacità di creare un confronto. C'era nel loro cinema qualcosa di coraggioso, coinvolgente, meraviglioso e unico". Le piacciono le nuove serialità? "Si, possono consentire soprattutto agli sceneggiatori, meno ai registi, che spesso dirigono solo un episodio o due di un progetto, di esplorare molte direzioni diverse. Realtà come Amazon o Netflix sono parte della progressione dell'immagine in movimento. Io sono sempre affascinata da queste nuove forme, ad esempio ho girato Rage (2009), il primo film pensato per i cellulari. Resto però affezionata al film per il grande schermo. Alcuni di quelli che vedi restano con te per tutta la vita". Nuovi progetti? "Ho pronte due sceneggiature, devo decidere quale girare prima, ora sono in fase di casting. Guardo sempre avanti".

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