Cultura

Foxtrot, tragedia israeliana in tre atti. CLIP ESCLUSIVA

In sala il film di Samuel Maoz, Premio Giuria a Venezia

Redazione Ansa

Arriva in sala il 22 marzo con Academy Two, 'Foxtrot. La danza del destino' di Samuel Maoz, una tragedia israeliana in tre atti che al Festival di Venezia si è guadagnata il Gran Premio della Giuria e ha ottenuto poi la candidatura agli Oscar come miglior film straniero. Un film dalle molte facce stilistiche, ma anche una parabola filosofica che affronta il tema della coincidenza e soprattutto del destino.

Tutto inizia con una porta di casa che si apre e una donna, Dafna (Sarah Adler), che sviene alla vista di non si sa chi. In realtà dietro quella porta ci sono dei militari che le annunciano la morte del giovane figlio Jonathan in guerra. Inizia così la tragedia del lutto del padre, Michael (Lior Ashkenazi) e della madre del ragazzo. Una mezz'ora di 'sussurri e grida' alla Ingrid Bergman, pieni di dolore (il padre si ustiona volontariamente la mano con acqua bollente, mentre la madre fa sanguinare le sue nocche con la pietra pomice).

Nella seconda parte si passa poi al racconto del figlio dislocato in un posto di blocco nel nulla di un deserto qualsiasi. Assistiamo così alla vita di tutti i giorni di Jonathan insieme ai suoi giovanissimi commilitoni con i quali trascorre le giornate tra noia, passaggi di cammelli, controlli a sporadiche auto e utilizzo compulsivo di videogiochi. Nella terza parte, infine, succede qualcosa che si lega al destino, alla fatale coincidenza che riporta tutto all'inizio.

  

"Volevo fare un viaggio emotivo diviso in tre sequenze: la prima scioccante, la seconda soffice e calorosa e la terza, infine, commovente - ha detto al Lido il regista (già Leone d'Oro nel 2008 proprio a Venezia con Lebanon) -. Foxtrot è una sorta di tragedia greca in tre atti. E tutto questo non attraverso un cinema realistico, ma in maniera sperimentale. Va detto - ha spiegato Maoz - che al centro del film c'è l'idea di destino, di un puzzle filosofico che cerca di rompere il concetto di questa parola e che è la spina dorsale di tutto il film. Ma dentro Foxtrot c'è ovviamente anche e soprattutto il mio mondo intimo".

E che il film sia nato anche da un'esperienza personale del regista, Maoz lo spiega così: "Mia figlia a Tel Aviv era solita andare a scuola con il taxi perché si alzava sempre tardi. Così io un giorno le ho detto: perché non prendi l'autobus, il numero cinque? Ed è quello che mia figlia ha fatto una mattina, proprio il giorno in cui un gruppo di terroristi ha compiuto un attentato su quella linea. Per circa un'ora non ho saputo nulla di lei, se fosse viva o morta. Poi mi ha chiamato: aveva preso l'autobus successivo perché in ritardo".

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