Cultura

Zappulla, rivivo mio incubo giudiziario

Il cantante ne Il ragazzo della Giudecca su sua vera vicenda

Redazione Ansa

Essere il mandante dell'omicidio dell'amante della madre, ucciso a Siracusa. E' l'accusa, nata da alcuni pentiti, che nel 1993 ha scaraventato il siciliano Carmelo Zappulla, classe 1955, diventato un famoso interprete della canzone napoletana melodica, in un incubo giudiziario risolto da un'assoluzione con formula piena nel 1996. Un'odissea che Zappulla ha raccontato nel 1998 in un libro, 'Quel ragazzo della Giudecca un artista alla sbarra' (Power Sound) e che ora arriva al cinema ne Il ragazzo della Giudecca, dove interpreta se stesso, diretto da Alfonso Bergamo. Il film sarà nelle nelle sale in una sessantina di copie dal 12 maggio, distribuito da Windfall Cinema Production e West 46th Films. Con Zappulla nel cast ci sono, fra gli altri, Luigi Diberti, Tony Sperandeo, Chiara Iezzi, Mario Donatone, e i cameo di Giancarlo Giannini e Franco Nero. In uno stile che unisce film giudiziario e atmosfere melò rilanciate dai brani del cantante, si ripercorrono i fatti "in parte romanzando - spiega il regista, classe 1986, già autore di un lungometraggio sperimentale, The composition. Tender Eyes -. Quando ho letto la storia ho subito pensato che era da raccontare a una nuova generazione. Quello di Carmelo, è un caso simile a quello di Tortora". Zappulla nel 1993 fu arrestato, passò alcuni mesi in prigione e poi fu rilasciato. Decise però di fuggire nel 1994, quando fu emessa contro di lui una nuova ordinanza di custodia cautelare. Rinviato a giudizio, nel maxi processo contro le cosche siracusane, il gip chiese per Zappulla una condanna all'ergastolo. Il cantante rimase latitante fino all'assoluzione. "Non ho mai perso la fiducia nella giustizia - spiega oggi il cantante, già interprete, negli anni '80, di alcuni film-sceneggiate -. Fare un film sulla mia storia era un sogno nel cassetto. Pensavo però che l'avrei girato con un animo più leggero. Invece nelle sequenze in carcere sono tornato a quei giorni e sono scoppiato in lacrime nella scena in cui veniva sbattuta la porta della cella di isolamento". Nel film, il procuratore interpretato da Tony Sperandeo (amico nella vita di Zappulla) ha tratti un po' luciferini: "Mi piaceva l'idea di renderlo un personaggio un po' da fumetto, sopra le righe, una metafora su come spesso funziona la giustizia in Italia" dice Bergamo. Il cantante non ha mai incontrato i pm della sua indagine: "Mi sarebbe piaciuto domandargli come si fa a chiedere l'ergastolo avendo in mano solo le accuse di una decina di pentiti, che dicevano tutti cose diverse e sembrava volessero solo finire sui giornali". Dopo l'assoluzione "mi sentivo 'martellato'. Avevo anche deciso di smettere di cantare, ma ho capito che così avrei abbandonato ingiustamente il pubblico. Ora sto bene, sono cose che capitano nel mondo dei vivi"

Leggi l'articolo completo su ANSA.it