Cultura

Fassbender avido e moderno Macbeth

In sala dal 5 gennaio il film di Justin Kurzel con la Cotillard

Redazione Ansa

   Non è facile mettere mano a un'opera di Shakespeare oggi e farne un film senza cadere negli stereotipi dei classici come ha fatto Justin Kurzel con 'Macbeth' interpretato dai premi Oscar Michael Fassbender (12 anni schiavo) e Marion Cotillard (La vie en rose) in sala dal 5 gennaio con Videa. Nel caso di Macbeth, a detta degli autori, c'era un piccolo vantaggio quello di rappresentare un tema oggi più che mai attuale: quello dell'avidità, del successo da raggiungere senza scrupoli.
I filmmakers hanno ritenuto insomma che la globalizzazione offrisse l'occasione di ampliare il messaggio e la visione della storia nella trasposizione cinematografica e quindi di dare al Macbeth un tocco moderno. ''Ciò che ritengo sia molto forte in questo adattamento è il senso di comunità e di un mondo più ampio intorno ai personaggi'', spiega il produttore Ian Canning premio Oscar nel 2010 per il miglior film con 'Il discorso del re'. ''Abbiamo così sviluppato l'idea - aggiunge Canning - che Macbeth e Lady Macbeth esistano all'interno di una realtà di cui sono il prodotto stesso; le loro azioni, quindi, non possono prescinderne. Abbiamo analizzato la storia da un punto di vista molto più moderno e cinematografico''.
Di fatto, al di là degli intenti, Macbeth di Shakespeare è un convitato di pietra davvero troppo ingombrante per essere smussato da un processo di modernizzazione, ma è anche vero che Fassbender dà il meglio di sé nel rappresentare il Barone di Glamis, valoroso e fedele generale dell'esercito del re Duncan di Scozia. L'eroe che ha ucciso il traditore Macdonwald a capo delle forze ribelli, ma che poi viene preso dalle sirene di un mondo femminile, prima le streghe e poi l'ambiziosa moglie Lady Macbeth (Cotillard), che getta il suo cuore troppo puro nel fango di un peccato insopportabile. Un peccato che lo rende pazzo.
La modernità di quest'opera, premiata da gran parte della critica internazionale e passata fuori concorso al Festival di Cannes, è sicuramente anche nella figura di questa donna che ricalca davvero un archetipo universale: quella della donna ambiziosa che spinge l'uomo dove il suo desiderio vuole. In questo caso fino all'omicidio di Re Duncan. Sottolinea, infine, il regista Justin Kurzel parlando di una delle più grandi difficoltà di questo tipo di operazioni: ''Portare i versi al cinema è diverso rispetto al teatro in cui hai il pubblico dal vivo. Credo che accada qualcosa quando reciti avendo un altro attore di fronte e senti la telecamera così vicina. Si recita in modo più intimo''.(ANSA).

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