Cultura

Berlino: Panahi, io tassista narro Iran

In concorso Taxi del regista perseguito dal regime

Redazione Ansa

''E' la prima volta che un governo tedesco si rivolge ufficialmente ad un altro governo, quello iraniano, per chiedere la liberazione di un uomo. Speriamo!''. Si chiuse cosi', nel 2013, al Festival di Berlino l'incontro di Closed Curtain di Jafar Panahi, film in corsa alla Berlinale, girato in tutta segretezza. Due anni dopo nulla è cambiato. E il regista, perseguitato dal regime, porta in concorso Taxi in cui si fa tassista per ascoltare la gente dell'Iran. Insomma ancora segretezza e minimalismo per questo film che solo sabato è stato annunciato in concorso dall'agenzia iraniana Irna, e che invece la Celluloid Dreams ha già acquistato per le vendite internazionali.

''Sto trattando questa cosa gratis perché Panahi ha bisogno di soldi. E' un padre, ha bambini, ma non lavora'', dice di lui la presidente della Celluloid Dreams' Hengameh Panahi, da sempre vicina ai registi iraniani. E Taxi, va detto, è il terzo film che Panahi realizza di nascosto dalle autorità iraniane dopo che gli è stato impedito di fare film nel 2010. Era già successo per This is Not a Film che era uscito dall'Iran su una chiavetta USB nascosta in un dolce e Closed Curtain che racconta di due persone in fuga in una casa sul Mar Caspio. In una dichiarazione a Celluloid il regista aveva spiegato il perché si sottrae sempre al divieto di creare imposto dal governo iraniano: ''Sono un regista. No so fare altro che film. Il cinema è il mio modo di esprimermi e lo stesso significato della mia vita''. E ancora: ''Il cinema è un'arte che occupa tutto me stesso. Questa è la ragione perché continuo a fare film tra mille avversità. E' perché solo così mi sento vivo''.

Così questa volta Panahi ha dribblato il divieto girando in un taxi giallo in uno studio mobile con una camera posta nel cruscotto. Il taxi attraversa poi le strade colorate di Teheran accogliendo diversi tipi di passeggeri che parlano candidamente con l'autista interpretato da Panahi. ''Jafar era molto ostinato - dice sempre Hengameh Panahi - Quando gli è stato detto che non poteva fare più film era caduto in depressione. Ma lavorare a questo film lo ha fatto sentire meglio''. ''Questo film è su lui e sul suo paese. Egli mentre guida il taxi si ritrova ad incontrare tutti i tipi di passeggeri, dal giovane al vecchio, dal ricco al povero, cittadini e provinciali un po' come accade in Mille e una notte''. Un film scritto e girato come fosse un documentario. Proprio come per The White Balloon in questo modo ti dice tanto del suo paese. ''E' apparentemente molto facile da comprendere, ma se vedi bene poi alla fine capisci che è molto profondo''.

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