Cultura

Ermanno Olmi, la grande guerra raccontata dal mio papà

Videomessaggio dall'ospedale dove è ricoverato per una sospetta polmonite

Redazione Ansa

''Al mio papà, che quando ero bambino mi raccontava della guerra dove era stato soldato''. Così Ermanno Olmi nel videomessaggio dall'ospedale dove è ricoverato per una sospetta polmonite. Una dedica al padre per questo 'torneranno i prati', in sala da giovedì distribuito da 01 in oltre 100 copie, poema evento sulla prima guerra mondiale. Verrà visto in anteprima il 4 novembre, anniversario dell'Armistizio, in proiezioni evento in oltre cento paesi e in una istituzionale alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

    Un film forte, quello del regista di Centochiodi, sul tradimento della guerra, sulle vittime di un'ingiusta morte senza vera ragione. E ambientato negli ultimi mesi della Prima Guerra mondiale sull'Altopiano dei Sette comuni di Asiago.

    ''Perché ha fatto questo film? Non è stato un innamoramento, mi è stato chiesto. Allora il pensiero è andato subito a mio padre e alla sua vita di soldato durante la Guerra del '15-'18.
    Allora avevo dei suoi racconti una percezione della realtà da bambino. Ma poi ho pensato che ci fosse un compito da assolvere: quello di raccontare il grande tradimento fatto nei confronti di quelle persone che sono morte e non hanno mai saputo perché. E con i morti e con i bambini, come si sa, non si può barare''.
    Secondo Olmi c'è stata insomma una ''vigliaccheria'', un ''tradimento'' e così ''bisogna - dice - chiedere scusa''. Come ''diceva Camus - ha aggiunto - se vuoi che un pensiero cambi il mondo prima devi cambiare te stesso''.

    Tre i capitoli di questo film, che si avvale delle musiche preziose di Paolo Fresu e dall'aiuto regia di Maurizio Zaccaro:''quello che riguarda il fatto che in guerra più dei gradi contano le relazioni umane; quella dell'apprendimento del significato della guerra e quello, infine, allucinatorio, perché - ci ha tenuto a dire il maestro nel suo messaggio - il film non è volutamente realistico, ma al contrario evocativo''.
    Ma dal regista di tanti capolavori nel segno della semplicità e dell'umanità, anche un segnale forte, da rivoluzionario, quando dice: ''quei ragazzi che avevano creduto a migliaia al concetto di Patria sono stati sacrificati all'arroganza dei potentati. I loro veri nemici non erano nella trincea di fronte a loro, ma in chi ha perseguito sempre la stessa logica: il potere e la ricchezza sempre per più pochi. Vale a dire il solito tradimento dei più deboli''.

    L'idea di patria - spiega Olmi -:''si è dissolta nel corso della storia, non esiste quell'amor patrio in cui i ragazzi avevano creduto''. I nemici, ribadisce: ''non erano quelli della trincea di fronte, ma quelli che ti hanno mandato in trincea ad uccidere gente come te mentre intorno la natura celebrava la vita''.
    Dice, infine, Claudio Santamaria che nel film interpreta un maggiore:''lavorare con Olmi è come lavorare con il Dalai Lama.
    Mi aveva detto subito: 'noi non non facciamo un film sulla guerra, ma sul dolore della guerra. Voleva vedere gli attori stare a contatto con la parte più poetica di se stessi. Avere la coscienza chiara di essere in una condizione in cui si poteva morire da un momento all'altro. Ed è quello che abbiamo fatto''.
   

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