Cultura

Addio a Sandro Manzo, ponte artistico tra Italia e Usa

Con la galleria Il Gabbiano portò a Roma Rauschenberg

Redazione Ansa

Il mondo dell'arte è in lutto tra Roma e gli Stati Uniti. E' morto a 81 anni a New York, dove viveva da tempo, Sandro Manzo che per decenni, a partire dagli anni Sessanta, con la Galleria il Gabbiano vicino all'Ara Pacis, fu un ponte artistico tra Italia e Usa. Il Gabbiano non fu solo una galleria: fu anche un punto di incontro e "una fucina di idee" in cui venivano esposti artisti da Morandi a Pirandello, Mario Mafai, Renato Guttuso, Piero Guccione, Carla Accardi, Fabio Rieti, Bruno Caruso, ma anche Robert Rauschenberg, Larry Rivers, Sam Francis, e poi Bernardo Siciliano e Valeria Cademartori. Tutto era cominciato da un incontro tra gli ombrelloni dello stabilimento del padre di Manzo, il Lido Azzurro a Torre Annunziata, con Laura Mazza, prima attrice di prosa e poi direttrice editoriale al Saggiatore. La sfida della galleria coinvolse anche Alberto Mondadori: il nome fu scelto come omaggio ad Anton Cechov e ai trascorsi teatrali della Mazza che aveva girato l'Italia con Adriana Asti e Romolo Valli. Molto di quella avventura è raccontato nella "Stanza Verde", l'autobiografia di Manzo raccolta dalla moglie Fiamma Arditi e pubblicata nel 2017 da Electa. La prima mostra nel 1967 su Alberto Giaquinto fu presentata da Guttuso. "Il Gabbiano era un 'salon' alla francese, un luogo dove potevi incontrare Alberto Moravia, Bunuel, Visconti, che erano tutti vivi allora", aveva ricordato Sandro alla presentazione newyorchese del libro alla Casa Italiana Zerilli Marimo' della New York University. Il Gabbiano fu anche una galleria di sinistra. Alla prima inaugurazione arrivarono Giancarlo Pajetta, Giorgio Amendola e Luigi Longo, insieme a una folla di studenti, scrittori, registi, attori, amici, collezionisti. "Quando si arrivava sembrava di stare in una nuvola, sospesa nell'aria. L'unica macchia di colore era il nostro ufficio che diventò e passò alla storia come 'la stanza verde'. Lì era verde tutto, il pavimento, le pareti, le sedie, i divani ricoperti di velluto verde bottiglia". L'esordio fu segnato da un colpo di teatro. Dalla galleria Nuova Pesa di Alvaro Marchini in via Frattina, "il gruppo di pittori comunisti emigrò in massa al Gabbiano. Per vendicarsi Marchini svendette tutte le sue opere al cinquanta per cento. Fu uno scandalo. Ne parlò tutta la stampa e per noi fu pubblicità gratuita. Tutti seppero che era nato il Gabbiano", si legge nell'autobiografia. Nel 1982 Manzo si trasferì a New York per aprire la sede americana e Il Gabbiano diventò un ponte tra artisti americani in Italia e giovani artisti italiani in America: meno di dieci anni dopo, nel 1991, a Roma Manzo ospitò una grande mostra di Robert Rauschenberg, la seconda nella carriera dell'artista che nella capitale era venuto solo nel 1953, giovane e squattrinato, e i suoi quadri allora si vendevano per diecimila lire. Dopo la ristrutturazione firmata da Stephen Rustow, l'architetto del MoMA, la galleria romana aveva riaperto nel 2007 con la mostra dei 40 anni con opere di Motherwell, Lichtenstein, Sam Francis, Mel Bochner e Ed Ruscha. Aveva chiuso per sempre dieci anni dopo per ragioni soprattutto finanziarie.

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