Cultura

Il potere delle immagini, la mostra Idoli a Venezia

100 reperti per viaggio alle origini raffigurazione uomo

Redazione Ansa

   Un "viaggio nel tempo e nello spazio" alla scoperta della "rivoluzione" della rappresentazione umana attraverso statuette dalle accentuate caratteristiche sessuali femminili, la "Grande Madre", e poi dai tratti geometrici o sempre più "realistiche" nelle forme, girovagando tra il 4.000 e il 2.000 avanti Cristo e dall'estremo occidente della Spagna all'oriente della civiltà dell'Indo, con l'area mediterranea e del Medio Oriente a fare da "cinghia di trasmissione" tra mondi e civiltà lontane. L'avventura umana "della traduzione visiva, attraverso singolari opere scultoree - ricorda Inti Ligabue, facendo riferimento anche ai grandi quesiti umani su vita, morte, il dopo o il potere -, delle concezioni metafisiche elaborate dall'uomo in un'epoca di grande transizione e sconvolgente evoluzione della società", è affidata alla mostra "Idoli. Il potere dell'immagine", a Venezia, a cura di Annie Caubet e realizzata dalla Fondazione Ligabue, fino al 20 gennaio prossimo (catalogo Skira). In mostra - ricorda - ci sono "gli albori della cultura figurativa antropomorfa, i miti fondativi dell'umanità, la rappresentazione del potere, sia esso di fecondazione, divino o eroico". E' un viaggio che porta "alle origini delle raffigurazioni del corpo umano". Una nuova tappa della ricerca per conoscere e divulgare i "mattoni" della civiltà dell'uomo, avviata prima da Giancarlo Ligabue, imprenditore-paleontologo impegnato per decenni con ricerche sul campo e proseguita ora dal figlio Inti. Non a caso l'idea della mostra è nata alcuni anni fa da una statuetta, la "Dama dell'Oxus" detta "Venere Ligabue", proveniente dall'area dell'Iran orientale (2.200-1.800 a.C.), acquistata da Giancarlo negli anni '70 e fonte di un nuovo filone di ricerca. Un'opera, quella della "Venere", che idealmente fa da simbolo a una mostra che presenta un centinaio di reperti - una dozzina quelle della collezione veneziana gli altri provenienti da collezioni di musei e private - chiamati a raccontare, attraverso un percorso espositivo "geografico", la cosiddetta "rivoluzione neolitica", dove assieme all'evolversi delle società umane in forme sempre più complesse, con il passaggio a realtà urbane, all'avvio della scrittura, di reti commerciali e traffici anche tra popoli molto lontani tra loro, si assiste a un cambiamento significativo nei modi di tradurre in "immagine" la rappresentazione umana, abbandonando le forme abbondanti della figura "steatopigia" per dare spazio a due tendenze, spesso non contrapposte: l'astrazione o un realismo che tende all'idealizzazione. "I concetti metafisici continuarono ad essere incarnati in immagini tridimensionali - ricorda la curatrice -, ma l'ideale steatopigio fu abbandonato a favore di visioni del tutto nuove". L'esposizione si articola attraverso "aree" apparentemente distanti tra loro almeno in quell'epoca - Spagna, Sardegna, Cicladi, Cipro, Egitto, Arabia, Asia occidentale, Siria-mesopotamia, Iran fino all'Indo - ma i reperti sembrano a volte intrecciarsi in curiosi richiami formali o derivanti dal fatto che sono realizzati in materiali tipici di altre zone molto lontane. In mostra, fino al 20 gennaio prossimo, segni di realtà che sono spesso tutte ancora da scoprire, specie nel loro significato, si incontrano così statuette che sembrano uscite dallo studio di un artista delle avanguardie del '900, altre dalla testa umana e dal corpo geometrico; ci sono quelle caratterizzate dalla contemporanea presenza di organi sessuali maschili e femminili o da idoli con enormi occhi. C'è un suonatore d'arpa, dame e guerrieri. C'è un mondo tutto da conoscere, aperto anche ai bambini con l'ausilio del multimediale e di incontri-laboratori.

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