Cultura

Da Ghirri a Araki, fotografi in mostra

Dal 14 maggio a Lissone gli scatti di 16 maestri contemporanei

Redazione Ansa

Da Luigi Ghirri a Nobuyoshi Araki, da Thomas Ruff a Thomas Struth, da Tracey Moffatt a Olivier Richon e altri ancora, 16 maestri contemporanei esplorano, tra realtà e finzione, le potenzialità del mezzo fotografico in una grande mostra allestita dal 14 maggio al 20 luglio negli spazi del Museo d'arte contemporanea di Lissone (MB). Le opere scelte per raccontare questo viaggio ideale che indaga e rivela trucchi e messe in scena, inganni e verità, provengono dalla Collezione Malerba, divenuta nel corso degli anni un importante riferimento nazionale sia per la fotografia storica sia per quella contemporanea. Intitolata 'Dell'infingimento. Quello che noi crediamo di sapere della fotografia', l'importante rassegna è stata curata da Alberto Zanchetta ed Elio Grazioli, che hanno selezionato gli scatti di famosi autori italiani e internazionali, particolarmente significativi per spiegare anche al largo pubblico la capacità di questa arte straordinaria di ricreare una realtà mediata dalla finzione.

Ecco dunque i lavori di maestri quali Nobuyoshi Araki, Mino Di Vita, Lukas Einsele, Annabel Elgar, Joan Fontcuberta, Luigi Ghirri, John Hilliard, Renato Leotta, Tracey Moffatt, Yasumasa Morimura, Olivier Richon, Thomas Ruff, Hyun-Min Ryu, Alessandra Spranzi, Thomas Struth, Kazuko Wakayama, declinati nel sottile gioco tra reale e finzione. La rassegna, dice Zanchetta, è appunto l'occasione per interrogarsi sulle modalità con le quali ''il mezzo fotografico rivela il mondo come appare agli occhi del fotografo anziché ai nostri occhi. E' cioè un mondo passibile di verità e di inganni, di equivoci o di trucchi ottici''. Ad esempio, prosegue il curatore, ''l'idea della '(messa in) posa' corrisponde a quello della 'messa in scena', vale a dire un infingimento.

Giocando sulle analogie tra fotografia e teatro, tra camouflage e spettacolo, la mostra presenta alcune opere che sottendono ad artifici e mascheramenti''. Il percorso espositivo presenta dunque alcune opere che implicano il coinvolgimento di persone, luoghi e situazioni. A partire da Nobuyoshi Araki che ricorre alla maschera per dissimulare il proprio aspetto, per non parlare di Yasumasa Morimura, che arriva a immedesimarsi nelle dive del cinema (Marlene Dietrich, Sophia Loren, Marilyn Monroe) o nelle icone dell'arte (Frida Kahlo), introducendo il visitatore nel genere del tableau vivant. Ed è in questo ambito che Olivier Richon e Lukas Einsele si confrontano sull'idea della natura morta che sfida gli equilibri della composizione pittorica attraverso l'immagine di una tavola imbandita, soggetto tipico di questa particolare forma di rappresentazione. Ma alla storia dell'arte attinge anche la serie di Joan Fontcuberta, che restituisce alle figure fitomorfe dell'Arcimboldo la loro essenza materiale.

Seguendo il percorso espositivo si scoprono inoltre memorie e storie collettive. Come quelle di Tracey Moffatt e Annabel Elgar, le cui immagini toccano argomenti socio-politici o pubblico-privati, mentre persone e luoghi interpretano vicende connesse all'identità razziale, spingendosi fino al grottesco. Non mancano all'appello i temi del paesaggio e dell'architettura. La fugacità dello sguardo di Thomas Struth ritrae infatti una Shangai immersa nel suo quotidiano anonimato, mentre Mino Di Vita raffigura una Venezia immobile, notturna, liberata dai turisti che di giorno l'assediano, riuscendo a trasformarla in una quinta scenografica del tutto effimera. Nelle fotografie di Struth e Di Vita eccelle la drammatica bellezza della luce che, per una volta tanto, non si conforma al romanticismo stereotipato del paesaggio urbano. Ancor più efficace e suggestivo è il luminismo che scaturisce dalle immagini di Alessandra Spranzi e Kazuko Wakayama, che si spingono fino a far sembrare calcificati i soggetti ritratti, nel desiderio di evidenziarne l'intrinseco valore scultoreo.

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