"La cultura serve sempre perché la cultura educa ed è anche un grande antidoto alla violenza, è l'elemento più forte contro la violenza". Lo ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dopo aver visitato le mostre di Ferrara. "Conoscevo - ha detto - in larga misura indirettamente la ricchezza artistica di Ferrara, la mostra di De Chirico è straordinaria, ognuno di questi capolavori meriterebbe una visita, anche la raccolta di Boldini e De Pisis è importante".
Guanti, biscotti, pani, squadre, manichini, quadri nei quadri, gli straordinari capolavori di Giorgio de Chirico, dipinti a Ferrara durante il periodo bellico tra il 1915 e il '18, tornano per la prima volta, a un secolo esatto di distanza, nella città estense per una grande mostra allestita a Palazzo dei Diamanti da domani al 28 febbraio. Presente la maggior parte di quella produzione, migrata in larga misura all'estero, e che testimonia magistralmente una fase pittorica del maestro di Volos capace di influenzare, con l'ideazione di nuovi linguaggi, le avanguardie italiane (Carrà, de Pisis, Morandi) ed europee (Ernst, Man Ray, Magritte, Dalì). Esposizione di indubbia rilevanza (visitata nel pomeriggio, in forma privata, dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella), quella ferrarese (realizzata da FerraraArte con la Stoccarda Staatgalerie) è infatti il risultato di decenni di studi approfonditi sulla permanenza di de Chirico e del fratello Alberto Savinio nella città cui erano stati assegnati dopo l'arruolamento come volontari all'inizio della grande guerra. Un periodo in cui la poetica metafisica dell'artista evolve e si affina, distanziandosi nettamente dagli esordi fiorentini e quindi dalla produzione parigina degli enigmi sabaudi. Il percorso espositivo inizia proprio con l'ultimo di questi quadri, 'I giocattoli del principe', con la tenda indiana ricavata dal cartone e la stella dei Savoia al centro. Ma, spiega Paolo Baldacci, curatore della mostra con Gerd Roos, il trasferimento a Ferrara provoca nell'artista un vero e proprio choc. "A Parigi era già considerato tra i protagonisti della scena artistica internazionale, lo scoppio della guerra, invece, cancella all'istante ogni sicurezza" influenzando profondamente la sua poetica. Basti vedere il bellissimo 'I progetti della fanciulla', del 1915, per capire che la pittura di de Chirico è già trasformata. Le architetture indefinibili delle piazze italiane della prima Metafisica lasciano il posto al riconoscibilissimo Castello estense, e, dipinti con minuziosità iperrealista, al centro della scena ci sono alcuni oggetti di uso comune, filo per cucire, biglietti, un guanto enorme. Con i colori accesi del '400 ferrarese, de Chirico dà quindi vita a un nuovo linguaggio poetico in cui cose quotidiane assemblate in maniera inquietante e puntualmente descritte hanno lo scopo di rivelare la follia umana che si cela dietro una realtà apparentemente razionale. E' "la pazzia della guerra", che sottende l'ispirazione di quegli anni. Solo l'espediente esoterico e i rituali magici, primo fra tutti quello dell'arte, sono in grado, secondo de Chirico, di dominare quell'agglomerato inconoscibile che è il mondo. E portare un messaggio positivo. Ecco dunque gli interni ferraresi, dove il maestro di Volos si nasconde, protetto dalla furia del presente, e crea motivi e temi che influenzeranno i decenni successivi. L'occhio che domina 'L'angelo ebreo', lo si ritrova in de Pisis, Man Ray e Dalì, mentre il quadro nel quadro ('Interno metafisico con grande fabbrica' del 1916) sarà l'ispirazione per il capolavoro di Magritte 'La condizione umana' del 1933. La mostra prosegue con il raffronto serrato tra de Chirico e Carrà, conosciutisi durante i quattro mesi del ricovero a Villa del Seminario. Carrà ne resta folgorato al punto di aderire a quei dettami in modo totale per poi distanziarsene con rifacimenti continui al fine di eliminare le suggestioni dechirichiane. Ed è proprio la lezione di Carrà a influenzare Giorgio Morandi (presente con le splendide nature morte metafisiche) e porre le basi per il realismo magico. La mostra si conclude con una sala memorabile, che riporta a Ferrara dopo oltre mezzo secolo i celeberrimi manichini del 1918 nella loro versione originale: 'Il grande metafisico', 'Le Muse inquietanti', 'Ettore e Andromaca' e 'Il Trovatore'. Messaggi profondi sul ruolo salvifico dell'arte contro la follia distruttiva dell'uomo.
L'esposizione è stata visitata, in forma privata, dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. "La mostra è straordinaria, consiglio a tutti di vederla. Raccoglie dei capolavori, ognuno dei quali meriterebbe una visita", ha dichiarato il presidente.
Leggi l'articolo completo su ANSA.it