Cultura

Carolyn Carlson, la poetessa della danza omaggia Bill Viola

A Roma dopo 9 anni. "Devo molto ai danzatori italiani"

Redazione Ansa

 "La danza? In tanti anni di lavoro, la mia idea di cosa sia è cambiata. E lo devo ai ballerini italiani". A raccontarlo, forse per la prima volta, è la "poetessa" della danza, come viene spesso definita (e come lei stessa si riconosce), stella assoluta dei palcoscenici di tutto il mondo, appena insignita del prestigiosissimo titolo di Académicienne de France per l'importanza del suo lavoro nella scena contemporanea internazionale, già direttrice della Biennale di Venezia e coreografa capace di dialogare con l'universo di tutte le arti, persino con un maestro eclettico come Bill Viola.
    Dopo nove anni di assenza, Carolyn Carlson torna per la prima volta a Roma e dopo i suoi lavori ispirati a Dante e alla Divina Commedia, al filosofo della scienza Gaston Bachelard o al pittore dell'astrattismo Mark Rothko, questa volta firma e danza "Carolyn Carlson - Bill Viola", performance "itinerante" ideata intorno alla mostra di Palazzo Bonaparte "Icons of Light". Un evento unico, con il patrocinio dell'Ambasciata di Francia, in tre repliche il 23 giugno (alle 19.30, 20.30 e 21.30) e primo titolo della rassegna Dancing into Visual Art, ideata da Daniele Cipriani per Arthemisia.
    "L'idea è nata durante una chiacchierata con Cipriani a Perugia dove ero per una masterclass - racconta la Carlson all'ANSA -. Considero Bill un genio assoluto. Ci siamo conosciuti a Newport Beach, in California - prosegue -. Mi ha confidato che a sei anni stava per annegare in piscina. Nel momento in cui lo zio riuscì ad afferrarlo per trarlo in salvo, però, lui ha avuto una sorta di resistenza, quasi a non voler lasciare quel luogo dove il suo corpo stava già andando 'via'.
    Un'esperienza fortissima che si ricollega molto alle sue opere".
    La performance nasce come un hommage, non una collaborazione, ma, racconta ancora la coreografa, "ho sempre sentito il suo lavoro molto vicino al mio. Come me, Bill si interroga sulla questione umana, segue la filosofia buddista ed è un maniaco della scrittura. Entrambi - sorride - consumiamo quaderni e quaderni. E poi c'è l'acqua ad accomunarci, che non è solo riflesso, ma si muove anche dentro di noi e riesce a sua volta a smuoverci. Permettendo così allo spettatore di trovare il suo personale percorso".
    Androgina, flessuosa come se gli anni la sfiorassero appena, a Palazzo Bonaparte la Carlson sarà "come una spettatrice, che invece di tenere dentro di sé le sue emozioni, potrà esternarle attraverso il movimento". Uno scambio tra le arti e un raffinato dialogo tra anima e movimento, in cui la coreografa, accompagnata dal gorgoglio dei video "acquatici" di Viola, condurrà gli spettatori di sala in sala, danzando tra le opere insieme alla solista Sara Orselli e con il coordinamento della sua storica collaboratrice Simona Bucci.
    Ma a 79 bellissime primavere e dopo tutta una vita in palcoscenico, dagli Usa dove è nata a Parigi dove risiede da anni, oggi è cambiato il suo concetto di danza? "Si ed è accaduto grazie agli italiani", riflette lei, citando l'esperienza alla Fenice di Venezia, che tra il 1980 e il 1984 diede poi vita al primo esempio di Teatrodanza italiano. "Prima di allora, quando ero in Francia - spiega - il mio lavoro era molto differente, più trattenuto, lineare. Qui ho trovato talenti coraggiosi, che osano, creativi, generosi. Facevano mille domande. E questo mi costringeva a nuove elaborazioni, trasformazioni. Poi c'era la dimensione familiare: ti invitavano a mangiare, a stare insieme. Tutto questo mi ha trasformata, ha reso la mia danza più organica e anche le mie domande sono diventate molto più profonde. Il mio lavoro, la mia arte, deve tantissimo ai danzatori italiani". (ANSA).
   

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