Cultura

Oscar: 'E' stata la mano di Dio' coraggioso Amarcord

Gran premio a Venezia, in sala il 24 novembre e poi su Netflix

Redazione Ansa

Con coraggio si è messo a nudo Paolo Sorrentino in È STATA LA MANO DI DIO, il film che l'Italia ha designato oggi per la corsa alla selezione per l'Oscar per il miglior film internazionale (prossima tappa: entrare nella shortlist il 21 dicembre. Il film, che ha vinto ha Venezia 78 il Gran premio della giuria, è ancora inedito in sala. Uscirà al cinema dal 24 novembre e su Netflix il 15 dicembre 2021.
    E' stata la mano di Dio non è solo un film intimo ma il racconto doloroso nei particolari della sua infanzia, dei suoi genitori, dei suoi parenti, della sua città e, apparentemente, con davvero poche licenze poetiche. Un film-autoanalisi che è un omaggio dichiarato a Federico Fellini, quasi un Amarcord sorrentiniano, un omaggio alla sua Napoli e, manco a dirlo, a Maradona che lo avrebbe salvato dalla morte.
    Nel 1987, infatti, per assistere a una partita di calcio del Napoli e vedere in azione il Pibe de Oro, il regista all'epoca 17enne super tifoso non segue, per una volta, i genitori che come ogni weekend vanno in montagna. Nella casa di Roccaraso la coppia viene uccisa da una perdita di monossido di carbonio, lasciandolo orfano. E qui la scena più forte di tutto il film: la corsa di Fabietto Schisa (alias Sorrentino, interpretato da Filippo Scotti) insieme al fratello (Marlon Joubert) all'ospedale per scoprire, dopo un lungo imbarazzo dei medici, che entrambi i genitori (Toni Servillo e Teresa Saponangelo) sono morti.
    Prima della tragedia, la felliniana famiglia del regista dà il meglio di sé: l'amatissimo padre è un uomo pieno di spirito ed è sempre presente (ma, si scoprirà, ha una storica collega come amante), la madre è una donna che ama fare gli scherzi, il fratello è invece un aspirante attore e, infine, c'è una sorella, Daniela, sempre chiusa in bagno. E ancora, la zia Patrizia (Luisa Ranieri) bellissima, sexy ed esibizionista, sposata con il geloso Franco (Massimiliano Gallo), l'anziana Baronessa Focale vicina di casa (Betti Pedrazzi), l'amico contrabbandiere e tanti altri personaggi. Tra realtà e finzione accade di tutto. Si parte da splendide sequenze di Napoli dal mare, c'è un inseguimento tra finanzieri e contrabbandieri nel golfo, un San Gennaro in una Rolls Royce d'epoca, un Munaciello (spiritello leggendario del folclore napoletano) in carne e ossa, Federico Fellini (solo in voce) alle prese con dei provini, lui in vespa con entrambi i genitori sul sellino (impossibile non pensare a Nanni Moretti), il suo incontro con Antonio Capuano che, senza nessuna grazia, gli dà indicazioni rispetto alla sua confusa volontà di fare il regista.
    In un film del tutto inedito nella produzione del regista napoletano sono di scena più emozioni che estetica. Il regista questa volta non guarda, ma si fa guardare. E questo senza il narcisismo morettiano, ma nella sua umanità, senza nascondere nessuna fragilità. Cosa animava Sorrentino giovane nel voler fare il regista? La stessa visione che aveva spinto Fellini, ovvero il fatto che "la realtà è scadente". 
   

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