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Paul Valery, l'Italia e l'amicizia con Contu e Ungaretti

A 150 anni da nascita, evento streaming anche sui profili ANSA

Redazione Ansa

"Gentile signor Contu, sono rimasto colpito dall'esattezza generale e dall'eccellente tono della sua traduzione dell'Eupalino. Di per sé non è un testo facile, d'altronde utilizzo la lingua astratta in modo alquanto particolare. Mi sembra però che lei trasponga perfettamente il mio pensiero e lo stile del mio dialogo". È la primavera del 1932 e a scrivere è il poeta, filosofo e intellettuale Paul Valery (1871-1945) dopo aver ricevuto la prima versione in italiano del suo Eupalinos ou l'Architecte. "Sarei molto lieto di vedere il suo notevole lavoro stampato", prosegue di suo pugno rivolto a quel giornalista, appassionato di fisica, ora assistente personale del sottosegretario italiano alla Marina Mercantile, Rafaele Contu, presentatogli dall'amico Giuseppe Ungaretti. "Glielo ripeto - verga ora in italiano - è una meraviglia vera". La lettera è uno dei tesori rinvenuti quest'estate da Luigi Contu, direttore dell'ANSA, nella biblioteca lasciata in eredità dal nonno Rafaele, che di Valéry diventò il traduttore ufficiale, da cui oggi è partito l'incontro "Le amicizie ritrovate: Paul Valéry e l'Italia a 150 anni dalla nascita, alla riscoperta delle amicizie italiane con Giuseppe Ungaretti e Rafaele Contu", organizzato dall'Ambasciatore di Francia in Italia, Christian Masset e mediato da Jérôme Gautheret di Le Monde, in diretta streaming sui profili Facebook dell'Ambasciata, dell'Institut Français Italia e dell'ANSA.

"Ho sempre avuto sotto gli occhi quei libri (oltre 5mila volumi) - racconta Contu - Obbligato a gettami in queste carte, sono rimasto colpito dal vedere insieme tanta bellezza e cultura, che fanno ripercorrere la storia d'Europa e della letteratura". Partito da un paesino della Sardegna, Tortolì, schierato nella Prima guerra mondiale nel Carso accanto a Ungaretti, direttore dell'Unione Sarda, traduttore anche di Albert Einstein e fondatore con Ulrico Hoepli della prima rivista di divulgazione scientifica italiana Sapere, Rafaele Contu si era proposto lui stesso a Valéry. Per arrivare a quella traduzione dell'Eupalino, racconta oggi Patrizia Epistolari, docente di lingua e letteratura francese, "lavorò 36 ore senza sosta". Fu l'inizio non solo di un lungo rapporto di stima, ma anche di una lunga collaborazione, fino anche ai Quaderni di Novissima, diretti da Contu e Ungaretti, nei quali Valéry fu il primo autore straniero pubblicato. Ma non solo. "Paul Valéry è il simbolo della profondità della relazione tra Italia e Francia", racconta l'ambasciatore Masset. "Una relazione particolarmente sfaccettata, che ha avuto un ruolo fondamentale nella sua crescita intellettuale". Soprattutto nella costruzione del suo intellettuale che, spiega Benedetta Zaccarello, direttrice dell'Equipe Valéry all'Institut des Textes et Manuscrits Modernes di Parigi, passa prima di tutto attraverso tre capisaldi. "Le origini italiane da parte della madre", nata Grassi e imparentata con i Visconti, cui fa cenno più volte sin da missive del 1890, tralasciando in qualche modo invece quelle corse, da parte di padre. E poi c'è la celebre "notte di Genova, quando, poco più che ventenne si rese conto sotto la tempesta dell'impossibilità di un amore". È la notte che segnerà la "morte interiore" del poeta Valéry e "ricalcando la Notte di Pascal" segna la rinascita del Valéry intellettuale. "In qualche modo - dice la studiosa - Valéry lega così la nascita del sé letterario all'Italia". C'è infine la passione per Leonardo "che diventa il suo travestimento preferito". Ma qual è l'eredità lasciata oggi? "A torto si è pensato fosse un autore apolitico - prosegue la Zaccarello - Al contrario al culmine della sua fama spese il suo impegno in azioni di cooperazione che ripensavano la cultura su scala internazionale. Valéry era un pensatore contemporaneo capace di guidarci ancora per il nostro avvenire". "Scorrendo le sue lettere, ho trovato tantissima Europa - conclude Contu - Una frase mi ha colpito: oltre lo spirito europeo rischiamo di essere meno di niente, assistendo impotenti a una civiltà morente".
   

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