Cultura

Covid, i musei e il futuro "non solo grandi mostre"

Uffizi e Scuderie a confronto, Mibact lancia piattaforma online

Redazione Ansa

 (ANSA) - ROMA, 25 NOV - Niente sarà più come prima, nemmeno per mostre e musei. E anche se una volta superato il dramma della pandemia i turisti, anche quelli internazionali , riprenderanno ad affollare monumenti e centri storici, ci vorranno anni "almeno fino al 2023" perché possa riprendere anche il mercato delle grandi mostre, i cosiddetti blockbuster, come le definiscono gli esperti mutuando il linguaggio dall'industria cinematografica. Messi a confronto da Ro.Me Monument Exhibition, la fiera internazionale sui musei i luoghi e le destinazioni culturali che da tre anni si organizza nella capitale, quest'anno con una edizione completamente in digitale, il direttore degli Uffizi Eike Schmidt e il presidente ad di Ales Mario De Simoni, responsabile delle Scuderie del Quirinale, ragionano sul futuro, concordi nel sottolineare che sarà comunque difficile tornare indietro, impossibile non tenere conto , anche in un ipotetico futuro di "normalità" di tutti i cambiamenti che l'eccezionalità di questi mesi hanno portato anche nel mondo dell'arte e nelle dinamiche di fruizione, assurdo non mettere a frutto tutto quello che si è sperimentato nell'emergenza.

Lo spunto è la grande esposizione dedicata a Raffaello nei 500 anni della sua morte, allestita appunto alle Scuderie con la partecipazione fondamentale - per il prestito delle opere ma anche per gli studi e il lavoro dei curatori - del blasonato museo fiorentino. Una "mostra che sarebbe stata unica e irripetibile almeno per una generazione anche senza la pandemia", sottolinea Schmidt accennando al grande lavoro di diplomazia culturale che ha permesso l'arrivo a Roma di capolavori di proprietà di musei americani, tedeschi, francesi, come al ponderoso catalogo "ricco di novità e di spunti di ricerca". Un evento che è rimasto esemplare per la capacità di rimodulare tempi e modi di visita permettendo a tutte le 162 mila persone che sono riuscite a visitarla di farlo "in totale sicurezza". "E' stato possibile perché ci siamo preparati per tempo", sottolinea De Simoni, la pandemia ci dimostrato anche questo, dice, "bisogna prepararsi, prevenire". Gli standard di sicurezza sperimentati nell'era Covid, sottolinea il manager culturale, con i custodi che si fanno accompagnatori e regolano anche il tempo di permanenza dei visitatori nelle diverse sale sono una delle novità che probabilmente rimarranno nel futuro.
    Così come il grande impulso delle tecnologie e lo sdoganamento dell'accostare accanto ad opere vere anche capolavori magistralmente riprodotti (nella mostra di Raffaello campeggiava una riproduzione formato originale della tomba del pittore realizzata al Pantheon) ridimensioneranno il ruolo delle mostre, "che non saranno più il solo modo di valorizzare l'arte", gli fa eco Schmidt. E dopo tanti anni con un diluvio di mostre 'sensazionali' sarà dirimente il valore scientifico, Raffaello del resto "ha funzionato per questo" sottolineano entrambi. Dopo un 2021 "difficile" e di transizione e un 2022 con l'inizio della ripresa, le folle comunque torneranno a bussare ai musei "con numeri anche superiori a quelli del 2019".
    E per governarle, ragiona Schmidt, i musei "dovranno puntare sul territorio" e magari alternare ad una mostra più importante, altre più contenute, che mettano in luce aspetti della collezione. Tutti i "salti in avanti" che sono stati fatti nel digitale comunque rimarranno, aggiunge, offrendo servizi, che non saranno "mai sostitutivi della visita in carne ossa" , piuttosto felicemente complementari. Un aspetto che in mattinata era stato sottolineato dal ministro della cultura Franceschini ("Abbiamo aiutato e continueremo ad aiutare musei e luoghi d'arte ad attraversare il deserto, poi però ci sarà da governare la ripresa, continuare a investire sull'innovazione") e poi da Massimo Osanna, da settembre alla guida della direzione generale Musei del Mibact, che ha sottolineato la necessità per i musei di trasformare la rivoluzione digitale di questi mesi in una "strategia più strutturata" annunciando il lancio di una piattaforma digitale comune che metterà in rete i quasi 5 mila musei italiani (circa 400 quelli pubblici).
    Una cosa è certa, assicura il direttore degli Uffizi, "In Italia non potrà succedere" quello che sta accadendo negli Usa dove ci sono musei che per sanare le perdite di bilancio provocate dall'epidemia e magari salvare l'occupazione hanno messo in vendita opere delle loro collezioni, "non ce lo permette lo statuto". L'obiettivo semmai potrebbe essere quello di comprare. Perché no, con l'aiuto di appassionati e mecenati. "Se sul mercato spuntasse un Raffaello..." (ANSA).
   

Leggi l'articolo completo su ANSA.it