Cultura

Venezia74, Rampling, la mia età sullo schermo senza paura

Il film di Andrea Pallaoro con protagonista l'attrice britannica TotoLeone tra Three Billboards e Del Toro In lizza attori di film italiani, Rampling e Sutherland

Redazione Ansa

Una laurea in cinema in America, un corto (Wunderkammer) che dal Sundance gira 50 festival nel mondo, un primo film (Medeas) a Orizzonti con importanti premi internazionali e poi quel copione, Hannah mandato a quella grande attrice i cui occhi incredibili l'avevano folgorato ragazzino adolescente vedendo La caduta degli Dei. L'incontro tra Andrea Pallaoro, 35 anni, praticamente sconosciuto in Italia e Charlotte Rampling, 71 anni, la dea di Visconti, della Cavani, di Lelouch e di Ozon sembra un film nel film: lui adora lei, lei lo conosce e trova in quel copione un'attrazione forte per la sua recitazione che, come dice lei stessa, "non è interpretazione di un personaggio ma diventare un personaggio, renderlo vero". Bellissima, elegante, disponibile Charlotte Rampling ennesima star ageè di questa Venezia 74 gerontocratica sul red carpet, rimescola le carte per la Coppa Volpi, posto che la giuria di Annette Bening le abbia già in ordine. Il film Hannah, oggi in concorso alla Mostra, è la Rampling, dalla prima all'ultima scena. Una donna "che prova a sopravvivere al suo destino, esplora silenzio e solitudine, il disagio e la incomprensione" racconta all'ANSA Pallaoro, di quel "mondo interiore paralizzante che è il mondo di Hannah". La storia racconta cosa "succede ad una persona quando dopo 40 anni di vita con un'altra si ritrova a vivere un capovolgimento totale", senza essere più accettata dal figlio, impossibilitata a vedere il nipote, sola con il marito arrestato per un crimine orribile di cui lei (forse) era a conoscenza. Tentare una vita 'normale', persino nella routine di lavoro, sport, scuola di recitazione, spesa, faccende domestiche, mentre tutto è crollato e la morte è dentro di te, identità personale e identità sociale.

TotoLeone tra Three Billboards e Del Toro - A giochi fatti, ovvero dopo la discesa in campo oggi dell'italiano HANNAH di Andrea Pallaoro e del francese JUSQU'A LA GARDE di Xavier Legrand, ultimi due film in corsa in questa Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica che si chiude domani, poco cambia nel più difficile dei Totoleoni. Esattamente il contrario di quello che era successo all'ultimo Festival di Cannes, dove la difficoltà era nella omogeneità-mediocre delle opere, qui a Venezia il livello dei film è così alto che il problema è capire chi davvero si possa escludere dalla rosa dei vincitori.

Per fortuna una coppia di film, sembrano mostrare una marcia in più per critici e pubblico. Ovvero il duetto composto da THREE BILLBOARDS OUTSIDE EBBING, MISSOURI di Martin McDonagh e, a seguire di una lunghezza, da THE SHAPE OF WATER di Guillermo Del Toro. Tra gli altri possibili candidati ai premi maggiori l'israeliano FOXTROT; il documentario HUMAN FLOW; THE INSULT, SUBURBICON e FIRST REFORMED. Mentre per gli italiani, dopo la discesa in campo oggi di HANNAH, a correre per un premio potrebbe essere proprio il film di Pallaoro insieme ad ELLA & JOHN di Paolo Virzì. Nel primo caso, come nell'altro, a vincere potrebbero essere gli attori internazionali di queste due coproduzioni: ovvero Charlotte Rampling, per Pallaoro, e Donald Sutherland per Virzì.

THREE BILLBOARDS, amato da critica e pubblico, capolavoro a firma di Martin McDonagh sembra essere il più favorito. Questa dark comedy da Oscar corre per i premi maggiori compresa la Coppa Volpi alla straordinaria e intemperante, anche nella vita, Frances McDormand che nel film noleggia tre cartelloni pubblicitari per attaccare la polizia e il 'fermo indagini' sulla morte della figlia. Da qui tutta una serie di infiniti sviluppi dei personaggi per raccontare la provincia degli States tra razzismo e omofobia.

Straordinario anche THE SHAPE OF WATER, favola-musical di Guillermo Del Toro divisa tra mistero, fumetto noir e sentimenti che guarda al Palmares veneziano come agli Oscar. Per la Coppa Volpi potrebbe essere in corsa la sua protagonista muta interpretata da Sally Hawkins, l'unica capace nel 1963 di comunicare con un misterioso uomo pesce rinchiuso in un laboratorio di massima sicurezza Usa.

FOXTROT dell'israeliano Samuel Maoz, già Leone d'Oro nel 2008 con Lebanon, pur essendo un film a più strati, è stato amato da critici e pubblico. Di scena coincidenza, destino e lutto. In una famiglia arriva la notizia della morte del figlio in guerra. E il dolore e la speranza entrano come un vento in questa famiglia. HUMAN FLOW di Ai Weiwei, a firma del noto artista e dissidente cinese, è un documentario, che al Lido ha diviso, che racconta però il tema del momento, ovvero il fenomeno dei rifugiati in oltre venti paesi del mondo. Un argomento forte che potrebbe pesare molto sul giudizio della giuria.

In THE INSULT di Ziad Doueiri, dopo una banale lite durante il restauro di un palazzo tra un libanese di fede cristiana e un palestinese, inizia un lungo processo che metterà a confronto i problemi, mai davvero risolti, tra palestinesi e libanesi cristiani. Anche in SUBURBICON di George Clooney, commedia -thriller scritta dai Coen, problemi mai risolti, ma questa volta americani. Siamo 1959, nel confortevole quartiere di Suburbicon, qui arriva una famiglia di colore, i Meyers, e tutta la comunità va in subbuglio. E si alzano persino i muri. Film di grande impatto e dal sapore mistico, un genere che ha attraversato tutta questa edizione di Venezia, quello di Paul Schrader: FIRST REFORMED.

Un lavoro che ci porta dentro il senso di colpa. L'ex cappellano militare Toller (un Ethan Hawke da Coppa Volpi) è torturato dalla perdita del figlio che ha incoraggiato ad arruolarsi. Ma la sua fede va ancora più in crisi quando conosce un ambientalista radicale. Attenzione, infine, al film cinese ANGELS WEAR WHITE di Vivian Qu, potrebbe essere lui l'outsider in questa edizione. Raccontare la storia di due dodicenni vittime in un albergo di un facoltoso pedofilo non è certo facile. E la Vivian Qu ci è riuscita con estrema delicatezza e puntualità. Piacerà a una giuria ad alta percentuale femminile (ben quattro su nove)?

 

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