Cultura

La dignità dell'uomo ne "Il paese dei segreti addii"

Pietrafiorita luogo dell'ultimo romanzo di Mimmo Sammartino

La copertina de 'Il paese dei segreti adii'

Redazione Ansa

E' come sospeso fra una citazione di Cesare Pavese ("Un paese vuol dire non essere soli") ed una di Paul Celan ("E' tempo che la pietra accetti di fiorire") il paese di Pietrafiorita, luogo dell'ultimo lavoro di Mimmo Sammartino 'Il paese dei segreti addii' (Hacca edizioni).

Un borgo d'Appennino nel Mezzogiorno dove c'è un usignolo che dispensa annunci e profezie a quelli che sanno ascoltare, e dove a riconoscere i segni e le voci c'è il vecchio Geremia, il "Senzanome". E ci sono gli altri personaggi, a ciascuno dei quali l'autore affida una voce per raccontare quello che accade a Pietrafiorita.

Una umanità dolente che, fra grandezze e miserie, afferma la dignità della propria esistenza. In questo spazio periferico la Storia, come gli uomini, fatica ad arrivare. E quando giunge, vi giunge come un'eco. Ma non risparmia le ferite. La disfatta del Don, l'8 settembre, l'eruzione del Vesuvio, l'occupazione delle terre, la tragedia di Marcinelle.

"Il paese dei segreti addii" è un romanzo corale nel quale si compie un sacrificio rituale di cui sono partecipi, nella veste di officianti e di vittime, le sue anime erranti: Geremia, Giuditta prima e Giuditta seconda, Habel e Tobia, Michele lo sciancato, Rosina l'aggiustaossa, Mago Mingo lo sciamano, Ciccio lo zingaro, Catafero l'ubriacone visionario, don Fulgenzio Ammèn, il maresciallo Merluzzo, Cataldo il sordomuto, Cristobaldo il cantastorie. Con la potenza delle loro visioni prende corpo anche la realtà delle cose. Le utopie coltivate, i miti di giustizia, le ribellioni.

Le rivolte contadine di questi anti-eroi che, nonostante ogni fragilità, non si arrendono alla ineluttabilità della sventura. "Il paese dei segreti addii" appartiene al Sud e al Novecento. Eppure, nelle pieghe del romanzo, si intuisce che quella storia è qualcosa di più. Suggerisce sguardi che parlano al nostro tempo. A ogni tempo. A donne e uomini che domandano senso dinanzi all'insulto dei dolori e della dimenticanza. Chiedono ragione del loro essere esclusi. In questo mondo capovolto di una umanità che è, allo stesso tempo, sopraffatta e invincibile, Sammartino suggerisce che resta l'uomo. Restano le sue domande. Resta l'interrogativo se nel margine, che tutti ci avvolge, possa ancora esistere una terra di ritorno. 

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