Cultura

Più Libri: Pahor, va eliminata la parola dominare

Scrittore, 'Ha ragione il Papa, con le guerre non si fa nulla'

Redazione Ansa

Boris Pahor, il grande vecchio della letteratura slovena, a 102 anni dialoga con i giovani, con generazioni lontane un secolo, nel libro 'Quello che ho da dirvi' (nuovadimensione). La prima cosa che "bisognerebbe fare è eliminare la parola dominare. E' un cosa animalesca, ma mentre gli animali dominano per il bisogno di mangiare, gli uomini lo fanno per essere superiori e anche per tormentare gli altri" dice all'ANSA Pahor, oggi protagonista di un atteso incontro alla fiera della piccola e media editoria 'Più libri, più liberi' al Palazzo dei Congressi dell'Eur a Roma.

    "Oggi siamo allo scoperto, siamo nudi e crudi. Non abbiamo idea di quello che dobbiamo fare" spiega lo scrittore, più volte candidato al Nobel. Ma una cosa è certa, aggiunge: "Ha ragione il Papa. Con le guerre e con gli attacchi non combinerete nulla".

  Sopravvissuto ai campi di concentramento in Germania e Francia, Pahor, nato nel 1913 a Trieste, quando la città era il porto principale dell'impero austro-ungarico, sostiene che "il terrorismo è in un certo senso un nuovo fascismo, ma un fascismo di vendetta. I terroristi non hanno altri modi di attaccare il mondo europeo e occidentale che è stato il dominatore fino ad oggi. Quando sono cadute le torri gemelle si era detto: 'basterebbe fare un esame di coscienza e cominciare con dare uno stato ai palestinesi, si mostrerebbe la voglia di cambiare'. Ma non è stato così" dice Pahor che ha una memoria inossidabile e una forza immensa nel voler continuare a dialogare con le nuove generazioni. La verità, continua lo scrittore, "è che non si vince niente né da una parte né dall'altra. Il perdono, l'amore sono l'unico mezzo come dice il Vangelo. Bisognerebbe dire: 'noi vi perdoniamo e mettiamoci d'accordo su come dividere il mondo insieme'. Mi diranno che è un discorso idealista, ma tutto il Vangelo lo è".

    In 'Quello che ho da dirvi' dialoga con gli studenti dell'ultimo anno del liceo scientifico e di un istituto tecnico di Gemona del Friuli che lo hanno stimolato a parlare di scrittura, Dio, la fede e l'universo femminile. C'è anche una lettera agli uomini e alle donne del futuro in cui Pahor dice: "Voi ragazzi potete scegliere di fare una politica seria, non quella da saltimbanchi che vendono preparati per togliere le macchie. Studiate storia, diritto, diplomazia. Per cambiare il mondo".

    Cittadino sloveno e cittadino italiano, Pahor racconta: "Per tutta la vita ho dovuto parlare per difendere la libertà, la democrazia, la mia identità che era stata minacciata. Non ero obbligato a essere solo italiano". Adesso, continua, "c'è il globalismo che è una specie di dittatura. Si può intendere in senso positivo come amore per la madre terra ma anche in negativo. Senza volerlo, il globalismo elimina le differenze che invece non devono essere tolte. Bisogna salvare quello che è speciale e dare la possibilità di sviluppare la propria cultura al massimo. L'importante è essere fedele alla propria natura, cultura e lingua e nello stesso tempo predicare la solidarietà tra gli uomini".

L'autore di 'Necropoli', romanzo autobiografico sulla prigionia a Natzweiler-Struthof, e di 'Triangoli rossi', un libro sui campi di concentramento dimenticati, a cui Pahor tiene molto, ha sempre nuovi progetti in testa. "Vorrei fare un racconto come Necropoli, ma scrivo a macchina, devo avere molta luce e ultimamente sto avendo problemi di vista. Nei giorni scorsi ho rivisto una copia del mio libro 'Piazza Oberdan' e mi sono ricordato che volevo raccontare la piazza dove hanno bruciato la casa della Cultura slovena nel 1920. Qui è iniziato il mal dell'Europa e voglio scriverne un racconto di 40 pagine".
   

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