Cultura

Sergio Caputo, in Italia scandalo radio

Il duro attacco del cantautore in un post: "C'è lobby, o sei dentro o sei fuori"

Sergio Caputo

Redazione Ansa

Una vera e propria Radiopoli, uno scandalo di cui "qualche giornalista particolarmente idealista, invece di sedere nella giuria di questo o quel talent show" si occuperà con "un’inchiesta per esporre questo marciume": è il duro attacco di Sergio Caputo, cantautore italiano tra i più apprezzati, in un lunghissimo e articolato post pubblicato sui suoi profili social.

All'indomani dell'uscita del suo nuovo album, 'Pop Jazz and Love', che arriva dopo la celebrazione del trentennale (2013 - 2014) del suo primo disco 'Un sabato italiano', l'artista denuncia il "boicottaggio" delle radio, legato - spiega - a presunte "linee editoriali" delle stesse che però, osserva, passano anche generi molto distanti tra loro, con playlist paragonabili, facendo un salto indietro nel tempo, ad un'accozzaglia di artisti come  Clash, Mino Reitano, Joni Mitchell, Michael Jackson, Sex Pistols, Iva Zanicchi, Ian Dury e Luciano Pavarotti.  

"Il sottoscritto - racconta Caputo - ha vissuto e fatto musica negli USA per 12 anni, dove in radio mi hanno messo in onda eccome. Negli USA, il paese inventore della radio moderna che qui tentiamo invano di imitare, ha molto senso parlare di 'linea editoriale della radio', perchè negli USA le radio sono tematiche, cioè hanno format radiofonici ben precisi per genere musicale". 

Dopo aver chiarito il suo amore per il mezzo radiofonico, "senza il quale - scrive - non sarei mai diventato un cantautore di successo", Sergio Caputo denuncia il sistema delle radio italiane: "Il Dee-Jay era praticamente Dio. Come tale, a volte si divertiva a scoprire nuovi talenti e a farne delle star, e insisteva a martellare un brano finchè la gente non lo beccava. Era una questione di prestigio". Oggi invece i dj "non decidono più niente" mentre "c'è un bombardamento continuo dei soliti venti brani. In tutte le radio. Cambiare stazione non serve. Linea editoriale de che? I network sono tutti uguali e mandano tutti la stessa roba".

Parlando di "politica inammissibile adottata da certi grossi network radiofonici" e precisando che ci sono, di contro,"centinaia di radio che svolgono correttamente il loro lavoro di diffusione della cultura musicale", l'artista intende "svelare al pubblico qualcosa che il pubblico generalmente non viene a sapere".

Prende spunto dal rifiuto di alcune emittenti di trasmettere il suo nuovo singolo, 'A bazzicare il lungomare', per chiarire: "Sono un artista indipendente, e non avendo una grossa casa discografica a farmi da guardaspalle, ho assunto un ufficio promozionale per far conoscere il mio nuovo lavoro ai media, e far entrare un singolo nelle playlist delle radio. Perché se una canzone non va in radio, la gente non la sente, e se la gente non la sente, non può sapere che tu esisti o che hai scritto nuove cose".

E aggiunge: "Sono un ARTISTA. C’è scritto così nero su bianco sui miei contratti scaduti con la CGD WARNER, con la defunta Polygram (ora Universal), che continuano a vendere tutti i miei vecchi album più varie compilation pagandomi pochi centesimi. Mai e poi mai, nella mia carriera, ho scritto una sola canzone tentando di modellarla in linea con la filosofia editoriale di nessuna radio. Io sono quello che è andato tre volte a Sanremo portando lì brani difficili - IL GARIBALDI INNAMORATO, RIFARSI UNA VITA, e FLAMINGO. Per carità, non mi aspetto che i miei album piacciano a tutti, né che tutte le radio mi accolgano a braccia aperte. Ma non mi aspetto neanche di essere messo alla porta da nessuno, liquidato o schifato come uno indegno di essere messo in onda da questa o quella radio, con la motivazione implicita che la mia musica potrebbe rovinare la linea editoriale dell’emittente. Dopotutto, sono uno che scrive musica contemporanea e in tutta Italia riempie teatri e locali di gente che non era neanche nata quando ho iniziato la mia carriera".

Caputo è un fiume in piena: "Non ti piaccio? Pazienza. Il mio disco nuovo, il mio tour sono comunque notizie, e rifiutarsi perfino di annunciare il mio nuovo lavoro o i miei concerti non ha a che fare con nessuna linea editoriale, ma puzza lontano un miglio di discriminazione o peggio ancora di sabotaggio. La SIAE non dovrebbe consentire a nessuna radio di epurare un autore, ma senza una regolamentazione in proposito non può fare nulla. In altri paesi ci sono legislazioni che impongono alle radio una serie di norme sulla messa in onda di una certa dose di musica e autori nazionali. Qui non esiste niente del genere. C’è una LOBBY delle radio - che decide CHI nella musica debba esistere e chi no. E chi è che deve esistere? Indovinate un po'?".

"E arriviamo al punto. Lo sanno tutti e nessuno lo dice: c’è una lobby di radio che si sono unite per dominare la musica, la discografia, le edizioni, inzuppare il biscotto nel LIVE, e guadagnare percentuali di vario tipo dagli artisti che mettono in onda. C’è una etichetta discografica associata a tre grossi network in particolare (indovinate voi quali), e guarda caso quelle radio trasmettono solo gli artisti che ne fanno parte (ed eventualmente quelli enormi che non è possibile ignorare per questioni di audience). Ci sono artisti di questa etichetta che scrivono i pezzi di tutti gli emergenti. Ma se sei un emergente non sponsorizzato, non hai nessuna possibilità di passare in radio. Questo in termini schietti si chiama MONOPOLIO, e in Italia sarebbe proibito, ma nessuno parla. Perchè? Omertà. La gente ha paura di essere boicottata, e si fa censurare, mettere alla porta senza dire niente nella speranza che “un domani”… In questo quadro, la lobby ha interessi concreti ad oscurare chi della sua cerchia non fa parte, perché vuole che tutti i soldi che la gente ha intenzione di spendere in intrattenimento finiscano nelle loro casse e non vadano dispersi altrove. Se non ti passano in radio, hai più difficoltà a fare concerti. Se sei in radio 40 volte al giorno, batti che ti ribatti alla fine riempi i palazzetti. Ecco il giro di affari, ecco perchè certi artisti si sentono in radio duecento volte al giorno, e altri MAI. Nel mio caso, non so quando esattamente mi abbiano messo all’indice. Tutte le radio che non mi passano ora, mi hanno passato eccome in anni diversi, e hanno fatto audience anche grazie a me". 

Questo modo di operare "distruggerà - anzi, lo ha già fatto - la musica italiana e la discografia. Gli artisti di domani saranno solo quelli usciti dai talent show. Non bisogna essere chiaroveggenti per capire che questo strapotere (e disonestà) dei network finirà presto per travolgere anche loro, perchè la radio la ascolta sempre meno gente e quindi anche la pubblicità si inaridirà per migrare su altre piattaforme. Io, sicuramente, non smetterò di fare il mio lavoro solo perché qualcuno ha deciso così. Grazie alle centinaia di migliaia di persone che mi hanno sostenuto. Venite a vedermi in concerto - conclude - sarà un divertimento ancora più gustoso".

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