Cronaca

Giudici: 'Non si esclude che Saman sia stata uccisa dalla madre'

Le motivazioni della sentenza della corte d'Assise di Reggio Emilia: 'I due genitori la accompagnarono a morire'

Saman Abbas, la 18enne pakistana scomparsa oltre un anno e mezzo fa

Redazione Ansa

Tutto in una notte di tre anni fa. L'omicidio di Saman Abbas non è stato pianificato nel tempo e non è stata neppure una punizione per essersi opposta a un matrimonio combinato, ma si è compiuto nel casolare di Novellara, in poche ore di una serata frenetica e drammatica, iniziata con la scoperta che lei voleva andarsene di casa col fidanzato, proseguita con una serie di telefonate tra il padre e lo zio e conclusa con lo strozzamento o strangolamento della ragazza.

Non si esclude che sia stata la madre a compiere materialmente il delitto, durante il minuto in cui è sparita dal fuoco delle telecamere. Ma Nazia Shaheen, ancora latitante in Pakistan, il marito Shabbar Abbas e suo fratello Danish Hasnain, in carcere, sono tutti e tre "pienamente parimenti coinvolti" nell'assassinio e "compartecipi della sua realizzazione".

Di questo sono convinti i giudici che hanno depositato oltre 600 pagine di una sentenza su un lungo e complesso processo, concluso prima di Natale con le condanne all'ergastolo per padre e madre, a 16 anni per lo zio (che ha collaborato indicando il luogo dove aveva nascosto il cadavere, elemento di prova fondamentale) e le assoluzioni per i cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, immediatamente liberati.

La Corte di assise di Reggio Emilia riduce e dimensiona la storia della 18enne pachistana morta tra il 30 aprile e il primo maggio 2021, ritrovata in una fossa un anno e mezzo dopo e dal 26 marzo sepolta nel cimitero di Novellara. La sentenza non risparmia critiche alla ricostruzione accusatoria, ai media che avrebbero enfatizzato e distorto la vicenda, e demolisce personaggi significativi per gli inquirenti come il fratello della ragazza o il suo fidanzato.

Il giudizio non salva nessuno: la vita di Saman, scrive la Corte (presidente Cristina Beretti, estensore Michela Caputo) "non è stata solo spezzata ingiustamente e troppo presto, ma vissuta attorniata da affetti falsi e manipolatori, in una solitudine che lascia attoniti". Al fratello, minorenne all'epoca dei fatti, sono dedicati lunghi passaggi. Da testimone cruciale, accusatore dei propri familiari (aveva detto di aver visto lo zio e i cugini quella sera), il giovane diventa un bugiardo, inattendibile, inaffidabile, con sospetti ribaditi di un suo coinvolgimento diretto. "Nessun riscontro, neppure parziale" è stato trovato alle sue dichiarazioni, osservano i giudici.

"Tacendo - sottolineano - della impressionante serie di non ricordo, oltre 120, con cui si è risposto a larghissima parte dei chiarimenti richiesti dai difensori degli imputati da lui accusati". Nessuna prova neppure della riunione, da lui riferita, in cui i familiari si sarebbero trovati, giorni prima, per discutere di come uccidere la ragazza. Né dimostra nulla il video del 29 aprile, dove vengono ripresi zio e cugini con le pale.

Tutto, per la Corte, è più semplice: "Tutto accade e si decide in occasione della perdurante relazione di Saman con Saqib e dell'intenzione della ragazza di andar via di casa". Anche perché, spiega la sentenza, dal rientro di Saman il 20 aprile "l'unica occasione in cui si è registrato un contrasto tra la ragazza e i genitori è quella della sera del 30". Fu lì che si scoprì e si parlò della relazione col fidanzato e dell'idea di fuggire di nuovo. Fu lì che ci fu una "sequela incalzante e compulsiva di chiamate tra i due imputati", Shabbar e Danish, dopo le 23, "anomale per numero, ripetitività e orario", che "si spiega e si giustifica proprio e soltanto in considerazione della natura non premeditata dell'omicidio".

Forse lo zio scavò la buca poco prima e i genitori la accompagnarono a morire. Non è chiaro chi fece cosa: "Non ci sono elementi per dire che lo zio da solo abbia eseguito l'azione". Nazia potrebbe averla tenuta ferma, oppure potrebbe essere stata lei direttamente a strangolare Saman. L'unica certezza è che furono tutti e tre coinvolti "nella concatenazione di eventi che ha condotto all'uccisione".

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