Cronaca

Scoppia il caso Delmastro, Palazzo Chigi contro le toghe

Meloni avverte i giudici che fanno politica, non mi intimidiscono

Il sottosegretario per la Giustizia, Andrea Delmastro e il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni

Redazione Ansa

Un attacco frontale alla magistratura. Almeno a quella parte che sembra fare "opposizione" in vista delle elezioni "europee". Dopo giorni di silenzio attorno al caso di Daniela Santanchè, quando arriva la notizia dell'imputazione coatta per Andrea Delmastro, palazzo Chigi decide di reagire.

La misura, dal suo punto di vista, è colma. E se nei giorni scorsi dagli ambienti della maggioranza era filtrata la voglia di accelerare il più possibile la riforma della giustizia, questa volta è Giorgia Meloni a vestire di ufficialità, seppure sotto forma di "fonti", il messaggio che il governo invia ai magistrati: non pensino di fare politica, l'esecutivo non si farà intimidire e andrà avanti forte dei numeri. Per tutta la legislatura. Una scelta che porta le opposizioni sugli scudi perché si tratta di "toni intimidatori", dice senza mezzi termini Elly Schlein, "inaccettabili" in democrazia. Mentre il presidente del M5s, Giuseppe Conte, parla di un "attacco vergognoso alla magistratura".  

Che si tratti di una reazione "forte" - condivisa, dicono a Palazzo Chigi, con gli alleati e tutti i ministri - lo ammettono anche i partiti che sostengono il governo. E qualcuno ipotizza che sia, forse, anche un segnale a chi, dentro la stessa maggioranza, si è fatto scappare qualche mal di pancia di troppo rispetto alle vicende giudiziarie di questi giorni. In un processo "di parti", la prima osservazione che muove Palazzo Chigi, non è "consueto" che "la parte pubblica chieda l'archiviazione e il giudice per le indagini preliminari imponga che si avvii il giudizio". E' il caso Delmastro la goccia che fa traboccare il vaso. La premier, dopo averlo già difeso quando era scoppiato il caso Cospito, lo blinda. Un caso quanto mai anomalo, sintetizzano ai piani alti del governo. Cose già viste in passato ma le lezioni del passato, la chiusa del ragionamento, evidentemente non sono servite, "purtroppo".

Il refrain è quello della "giustizia a orologeria" di berlusconiana memoria, tirato in ballo anche per la "curiosa" coincidenza delle notizie sui giornali di Santanchè indagata proprio nel giorno della sua informativa al Senato. Una autodifesa "un po' pasticciata", si diceva in mattinata nei corridoi di Montecitorio. Ma che la premier sposa includendo anche la ministra del Turismo negli esempi di magistratura che fa politica: quando due episodi come l'imputazione coatta e informazioni finite sui giornali "fuori legge" interessano "due esponenti di governo - il pensiero di Palazzo Chigi - è lecito domandarsi se una fascia della magistratura abbia scelto di svolgere un ruolo attivo di opposizione.

E abbia deciso così di inaugurare anzitempo la campagna elettorale per le elezioni europee". Guarda caso proprio dopo che il ministro Carlo Nordio ha presentato la riforma della giustizia, rincarano la dose nel Palazzo, ricordando che i precedenti non mancano.

Andando a ripescare la riforma Mastella e la caduta del governo Prodi. Un concetto espresso in chiaro anche dal vicepremier e ministro degli esteri Antonio Tajani. Ma non ci si può schermare dietro le fonti, vanno all'attacco le opposizioni chiedendo alla premier di "uscire dall'anonimato". E poco dopo le razioni di Schlein, ma anche dei 5S, di Avs e financo di Azione, che pure ha sostenuto la riforma della giustizia ("se Palazzo Chigi ha elementi denunci" o "non dica fesserie", dice Enrico Costa) a ripetere il messaggio con nomi e cognomi ci pensano i due capigruppo di Fdi, Lucio Malan e Tommaso Foti, parlando di circostanze "sospette" e di scenari che ci auguravamo superati".

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