Cronaca

Verso l'abbattimento degli animali della Sfattoria dopo il Tar

Commissario della peste suina, sono inadeguate le misure di biosicurezza

Redazione Ansa

Sono circa 140 tra maiali e cinghiali gli animali della Sfattoria a Roma che rischiano di essere abbattuti nonostante siano ''sani'', cioè non contagiati dalla peste suina. Si tratta di animali registrati al registro nazionali come Pet e microchippati che hanno però la sfortuna di trovarsi in zona rossa. Il commissario straordinario per la peste suina, Angelo Ferrari, non ha dubbi: "Non è accoglibile la richiesta di non procedere all'abbattimento dei suini, anche tenuto conto della carenza ed inadeguatezza delle misure di biosicurezza come comunicato dall'Asl Roma 1". Choccati dalla decisione i circa 200 volontari dell'associazione che però spiegano di aver avuto moltissime manifestazioni di solidarietà. E moltissimi sono i privati cittadini che si sono recati fisicamente in loco a ''protezione'' della zona. Inoltre - spiegano - la petizione lanciata on line ha visto crescere vertiginosamente le adesioni: nel primo pomeriggio era a quota 150mila firme candidandosi tra le 100 più votate nella storia di change.org.

Il tentativo è di fermare quella che definiscono ''un'inutile mattanza'' con un nuovo ricorso. Il ricorso straordinario presentato al Tar del Lazio contro l'ordinanza della Asl Roma 1 di procedere all'abbattimento è stato infatti rigettato. Si è quindi proceduto a presentare un ricorso ordinario preceduto da un ricorso ante-causam per richiedere nuovamente la sospensiva. Ma in questo caso si è avuto un rigetto. L'associazione va avanti quindi con il ricorso ordinario che però non sospende l'esecutività dell'ordinanza. Quindi in teoria gli animali potrebbero essere immediatamente abbattuti."I diritti degli animali -afferma una nota de La Sfattoria - sono tutelati dalla nostra Costituzione ma non dal giudice. Si tratta di un incredibile episodio di malagiustizia. Il Tar del Lazio (decreto numero 5347 del 12/08 2022 - pres. Arzillo) -sostengono- condanna infatti a morte, senza alcuna motivazione, circa 140 capi di suidi raccolti, accuditi e tenuti in custodia, nonché assolutamente sani ed inoffensivi, da un gruppo di 200 volontari presso una struttura regolarmente registrata nella Banca Dati Nazionale del Ministero della Salute. Paola Samaritani - che rappresenta la Sfattoria - si appella alle coscienze civili perché venga impedito un vero e proprio sterminio".

L'appello della Sfattoria viene raccolto dalle principali associazioni animaliste secondo le quali: " Il giudice monocratico non ha preso in esame le ragioni avanzate dai titolari e dalle associazioni animaliste intervenute ad adiuvandum (Enpa, Leal, Leidaa, Lndc e Oipa), ma ha respinto l'istanza non ravvisando, allo stato degli atti, un 'caso di eccezionale gravità e urgenza, tale da non consentire neppure la previa notificazione del ricorso e la domanda di misure cautelari provvisorie con decreto presidenziale'. Non ci sarebbero, insomma, i presupposti per l'urgenza". Viceversa, si afferma,: "L'urgenza c'è e ci sono le motivazioni per annullare il provvedimento che dispone gli abbattimenti. Solo che queste ragioni devono essere esaminate: è quanto chiederemo nel nuovo ricorso. Nel frattempo, cioè finché non si entrerà nel merito, diffidiamo l'Asl Roma 1 dal procedere agli abbattimenti". Raccoglie l'appello anche il Codacons che parla di "decisione abnorme". "Se davvero maiali e cinghiali ospitati presso la struttura sono controllati, registrati e perfettamente sani, vanno salvaguardati e non è possibile adottare i criteri della zona rossa. Invitiamo pertanto l'associazione a proseguire la sua battaglia dinanzi al Consiglio di Stato". 

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