Cronaca

Marmolada, esperti: non c'erano segnali di collasso

Università di Padova, Parma e Ogs studiano da 20 anni il ghiacciaio

Marmolada

Redazione Ansa

Prima del crollo di domenica, sulla Marmolada "non si sono osservati dei segnali evidenti di un collasso imminente. Salvo rarissimi casi, nei ghiacciai, a differenza delle frane, non vi sono sistemi di allerta che misurano movimenti e deformazioni in tempo reale". Lo sottolineano i ricercatori del Gruppo di lavoro glaciologico-geofisico per le ricerche sulla Marmolada, che da vent'anni studiano il ghiacciaio, coordinati da Aldino Bondesan, dell'Università di Padova, responsabile del Comitato Glaciologico Italiano (Cgi) per il coordinamento della campagna glaciologica annuale nelle Alpi orientali. 

Il gruppo è composto anche da Roberto Francese, geofisico dell'Università di Parma e membro del Comitato Glaciologico Italiano, e Massimo Giorgi e Stefano Picotti, geofisici dell'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (Ogs). Per gli studiosi inoltre i crepacci, che hanno avuto un ruolo fondamentale nel distacco, "erano visibili già da diversi anni e di per sé fanno parte della normale dinamica glaciale".

Il distacco di seracchi è un fenomeno "frequente" nei ghiacciai, sottolinea il gruppo di studio, e "fa parte della normale dinamica glaciale", ma "più raro è il caso di collassi in blocco come quello verificatosi in Marmolada".

Per gli studiosi "il ritiro e il riscaldamento determinano un aumento della frequenza degli eventi, e in generale un aumento della pericolosità delle fronti glaciali. L'osservazione annuale di molti ghiacciai è stata recentemente abbandonata proprio per l'incremento delle condizioni di rischio alle fronti glaciali.

Tuttavia, non tutti i ghiacciai presentano le medesime condizioni di pericolo, che variano in funzione della temperatura ma anche della morfologia, delle pendenze, delle dimensioni e di altri parametri. Ogni ghiacciaio va studiato singolarmente individuando i rischi specifici - concludono - che si sommano a quelli già insiti nella frequentazione dell'ambiente alpino". 

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