Cronaca

Sea Eye con 214 migranti si prepara a vigilia Natale in mare

Attendono ok a sbarco a largo di Porto Empedocle, nove a terra

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 23 DIC - Si preparano a una vigilia di Natale molto difficile i volontari della Sea Eye, la nave per i salvataggi in mare della omonima Ong tedesca, che si trova a 12 miglia da Porto Empedocle con 214 persone a bordo, salvate dalla morte nel Mediterraneo. "Da quattro giorni chiediamo un porto sicuro ma non abbiamo risposta - racconta Carla Cioffi, psicologa delle emergenze che si trova a bordo della nave -.
    Prima abbiamo ricevuto un rifiuto da Malta, ora attendiamo una risposta dalle autorità italiane alle quali abbiamo inoltrato quattro richieste".
    I migranti, di diverse nazionalità, sono stati salvati in cinque diverse operazioni tra il 16 e 17 dicembre. Tra loro 29 donne, di cui 7 incinta, e 8 bambini, trovati in condizioni disperate, dopo anche tre giorni di navigazione sotto la pioggia su natanti che imbarcavano acqua. Nove dei 223 migranti, in precarie condizioni di salute, sono riusciti a sbarcare negli ultimi giorni. Ma le condizioni a bordo, dove ci sono un dottore e due infermieri, si fanno ogni giorno più difficili. "Se non ci daranno il permesso di sbarcare oggi - racconta Cioffi -, faremo la vigilia di Natale qui a bordo. Offriamo due pasti caldi al giorno e la colazione: riso e fagioli, oppure lenticchie e cous cous. Facciamo lezioni di italiano, abbiamo dato giocattoli ai bambini, fatto ginnastica con gli uomini e ballato con le donne.
    Per fortuna il mare non è mosso. La speranza che ci diano oggi un porto sicuro per passare il Natale sulla terra ferma". Nel Mediterraneo ci sono anche la Geo Barents e l'Ocean Viking, con un totale di circa 600 persone a bordo.
    "Nei giorni scorsi è sbarcata una donna incinta con gravi dolori, altri con problemi cardiaci, ieri abbiamo trasportato un uomo che aveva perso i sensi - spiega Cioffi -. Ci sono casi di sofferenza psicologica: non è solo l'attesa che li sfinisce, passare tre giorni in mare significa arrivare in condizioni penosa. Pesa anche il bagaglio che si portano dietro, dai luoghi dai quali provengono. Non con tutti si può parlare, perché parlano solo dialetti incomprensibili. Sono sfiniti fisicamente e psicologicamente, ma il fatto di arrivare vicino all'Italia comunque li ha tranquillizzati, avevano paura di andare in Libia". (ANSA).
   

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