Cronaca

G8 di Genova, Scajola: 'Fu una reazione intollerabile'

L'ex ministro: 'Per la Diaz e Bolzaneto c'è stato giusto seguito giudiziario'

Redazione Ansa

Nei giorni del G8 di Genova era ministro dell'Interno del governo Berlusconi Claudio Scajola, ora sindaco di Imperia. Il primo cittadino ha accettato di rispondere ad alcune domande per ricordare situazioni e tensioni.

Scajola ricorda che fece passare il messaggio che i manifestanti non erano nemici, che le forze dell'ordine non erano preparate per un evento di quella portata e che la reazione che ebbero fu intollerabile ed ha avuto un giusto seguito in sede giudiziaria.

Ha un rimpianto per i fatti del G8 a Genova? “Il rimpianto più grande è non aver potuto organizzare il vertice dall'inizio. Il Governo Berlusconi si era insediato solo un mese prima del G8, quando Genova era già stata scelta come sede e i piani di sicurezza già approntati. Lavorammo molto sul confronto, con le Istituzioni locali e con i rappresentanti dei manifestanti, e sulla sicurezza da garantire ai Capi di Stato, ma non ci fu da parte nostra la possibilità di fare grandi cambiamenti, perché il rischio era di generare ancora maggior confusione. Berlusconi valutò persino di annullare il G8 a Genova, ma non era più possibile. Doveva essere una grande occasione per la città e per l’Italia, si è trasformata in una pagina buia della storia della Repubblica”.

Valutando oggi la gestione c'è qualcosa che non rifarebbe e qualcosa che non è riuscito a fare? “Mi pare che nulla di diverso si potesse fare in 20 giorni. Con l’allora Ministro degli Esteri Ruggiero incontrammo più volte tutte le sigle dei manifestanti cercando di trovare con loro le migliori forme affinché potessero esporre il loro dissenso in totale sicurezza. Abbiamo distribuito un manuale a tutte le Forze dell’Ordine nel quale spiegavamo con chiarezza che i manifestanti non erano nemici e che c’era un duplice obiettivo: garantire, da un lato, la sicurezza dei Capi di Stato e, dall’altro, la democratica manifestazione del dissenso. Purtroppo quello a cui abbiamo assistito è stata la presenza di delinquenti che hanno messo a ferro e fuoco Genova e le reazioni intollerabili della Diaz e di Bolzaneto, che hanno avuto un giusto seguito in sede giudiziaria”.

Le violenze compiute dalla Polizia alla scuola Diaz e alla caserma di Bolzaneto sono state una lezione per l'ordine pubblico e se sì cosa hanno insegnato? “Sicuramente sì. Le Forze dell’Ordine all’epoca non erano preparate per un servizio di quella portata. I fatti del G8 di Genova sono serviti a migliorare la gestione degli eventi di piazza, ad arginare meglio i delinquenti che si inseriscono in mezzo a coloro che democraticamente esprimono il proprio dissenso”.

Alla luce delle ricostruzioni fatte c'è qualcosa che non è stato detto o evidenziato a sufficienza? “L'evoluzione degli eventi ha portato le attenzioni maggiori sugli episodi tragici avvenuti per le strade di Genova, ma poco si è parlato degli enormi rischi esterni a cui dovemmo fare fronte in quei giorni. Era la prima uscita europea di Bush e il primo vertice a cui prendeva parte Putin. C'erano gli occhi del mondo addosso e i rischi erano altissimi. Ci fu un'informativa sul mio tavolo nella quale emerse persino il nome di Osama Bin Laden e per questo prendemmo misure di sicurezza straordinarie, anche sul traffico aereo. I fatti dell'11 settembre, avvenuti soltanto due mesi dopo, confermarono l'opportunità di quelle misure”.

Dove era quando è stato ucciso Carlo Giuliani, cosa ha pensato in quel momento... “Ero, come in tutte quelle giornate, chiuso al Viminale, giorno e notte, a seguire gli avvenimenti con i monitor e le informative continue che mi riportava il Capo della Polizia De Gennaro. Quando fui avvisato della morte di Giuliani chiamai a Genova dove era in corso il vertice, per avvertire Berlusconi e Ciampi della tragica morte di questo giovane. Tememmo disordini ancora peggiori e impartimmo di nuovo l’ordine di mantenere la calma e di non reagire”.

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