Cronaca

La 'banca delle voci', l'idea di Falcone per riconoscere gli intercettati

Il progetto del magistrato era confrontare gli audio dei mafiosi già noti con quelli di volta in volta ascoltati nelle intercettazioni, come ha rivelato il professor Cesari, che lavorò sulle perizie foniche

Il magistrato Giovanni Falcone al Csm il 31 luglio 1988

Redazione Ansa

Giovanni Falcone aveva in programma di realizzare una "banca delle voci" già note degli affiliati a Cosa nostra, da utilizzare all'occasione per confrontarle con i parlatori anonimi che di volta in volta venivano intercettati. A 29 anni dalla strage di Capaci, in cui la mafia uccise il magistrato, la moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta, lo rivela il professor Ugo Cesari, otorinolaringoiatra e foniatra, docente all'università Federico II di Napoli, consulente del giudice.

Quelle perizie, corredate di tracciati spettrografici, erano poco usate negli anni Ottanta: "Solo più tardi - osserva Cesari - anche i pm di Napoli ne compresero l'utilità per le intercettazioni telefoniche ed ambientali e mi coinvolsero nelle loro indagini in qualità di consulente".

Dopo il 23 maggio del '92 Cesari non torno più a Palermo per le perizie foniche. "Quel giudice che mi assegnava le perizie - dice -, il genio che voleva allestire la banca dati delle voci, non c'era più". 
   

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