Cronaca

Belice, la bimba nata la notte del terremoto

Partorita sotto un ulivo mentre nevicava, oggi fa l'ostetrica

Redazione Ansa

   E' nata la notte tra il 14 e il 15 gennaio 1968, mentre nella Valle del Belice la terra tremava. Una nuova vita sbocciata ai piedi di un albero d'ulivo, proprio nel momento in cui centinaia di persone morivano sotto le macerie e decine di paesi venivano rasi al suolo dal sisma. Antonella Stassi, 50 anni, è la "figlia" del terremoto, figura emblematica di una tragedia che ha causato dolore e lutti ma anche simbolo della rinascita. E forse non a caso ha scelto di fare l'ostetrica, di assistere i bambini che soffrono.

    "Quando mia madre Concetta ebbe le doglie - racconta - mio padre Girolamo, che faceva il pastore, era in campagna con il suo gregge. Dopo le prime scosse lei e i miei due fratelli, che erano nella nostra casa di Partanna, si rifugiarono in campagna da mia zia Maria. Una ottantina di parenti, tra cui molti bambini, stretti in un magazzino, mentre fuori pioveva e nevicava. Non c'era spazio sufficiente per partorire, così i parenti adagiarono mia madre su una rete di metallo, sotto un albero d'ulivo, proteggendola con un ombrello, e aspettarono che io nascessi". La piccola Antonella venne alla luce alle 2 di notte, sotto le stelle; i suoi primi vagiti furono accompagnati dal boato dell'ultima scossa, la più micidiale, quella che avrebbe causato il maggior numero di vittime. Una nascita segnata da mille difficoltà. Nel casolare non c'erano acqua corrente né energia elettrica; i familiari di mamma Concetta si arrangiarono in qualche modo: "Per pulirmi con l'acqua calda - spiega Antonella - utilizzarono un pentolone che era servito per bollire le uova. La mia prima culla fu uno scatolone di cartone avvolto da una coperta".

    La protagonista di questa natività del Belice, poetica e drammatica allo stesso tempo, oggi è sposata ed ha due figlie; vive ad Alcamo e svolge la sua professione nell'ospedale dei bambini di Palermo, dove assiste i bambini affetti da fibrosi cistica. Sua madre Concetta, morta due anni fa, le raccontava mille volte la stessa storia, mentre Antonella giocava tra le baracche dove ha vissuto per 14 anni con la sua famiglia prima di riuscire a trasferirsi finalmente in una casa "vera". "Certo è stato un periodo difficile - ammette la "figlia" del terremoto -, abbiamo dovuto affrontare mille problemi, abbiamo vissuto tra stenti e sacrifici. Ma se ripenso alla mia infanzia posso dire che è stata quella di una bambina felice. Nonostante tutto". 
   

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