Cultura

Lilin, con nuova stagione i miei 60 giorni all'inferno

Su Crime+Investigation domani, 9 volontari in carcere in Usa

Redazione Ansa

L'esperimento sociale con nove volontari infiltrati sotto copertura in una delle prigioni più pericolose degli USA I miei 60 giorni all'inferno, l'esperimento sociale che vede nove volontari innocenti infiltrati sotto copertura in un carcere di massima sicurezza, torna con la sua terza stagione in prima visione assoluta per l'Italia da domani alle 22.00 su Crime+Investigation (in esclusiva su Sky al canale 118). La serie tv racconta la storia di nove persone innocenti che volontariamente decidono di vivere per 60 giorni come infiltrati sotto copertura in una delle prigioni più controverse degli Stati Uniti d'America: la Fulton County Jail di Atlanta. Si tratta di un penitenziario di massima sicurezza (tra i più popolati degli USA con i suoi 2500 detenuti) di una città estremamente complicata: secondo l'FBI, la città della Georgia ospiterebbe 40 mila membri di gang nella sua area metropolitana. Anche per questo motivo, si è soliti affermare che tutti i problemi della città di Atlanta si possano ritrovare nella Fulton County Jail. Ogni episodio verrà introdotto dallo scrittore russo Nicolai Lilin, autore del best seller Educazione Siberiana (da cui è tratto anche l'omonimo film diretto da Gabriele Salvatores), che nel corso della sua vita ha provato l'esperienza carceraria nella Russia post-sovietica sulla sua stessa pelle. Lo scrittore ha appena pubblicato la sua ultima fatica Favole fuorilegge (in copertina una Madonna armata di due pistole, figura che i criminali considerano come protettrice dalle ingiustizie): una serie di racconti ascoltati dal proprio nonno e che Lilin restituisce accompagnati dai suoi disegni-tatuaggi. Sette giorni su sette, ventiquattro ore su ventiquattro, le telecamere di Crime+Investigation seguiranno da vicino e senza censura l'esperienza dei nove partecipanti, nella loro vita a stretto contatto con guardie e pericolosi criminali, tenuti entrambi assolutamente all'oscuro dell'iniziativa. Sia i reclusi sia le guardie, infatti, non sanno che i nove partecipanti non sono veri detenuti: seguiranno gli stessi orari, mangeranno lo stesso cibo e seguiranno le stesse regole di tutti gli altri. Per giustificare le telecamere, ad entrambi è stato comunicato che è in corso la produzione di un documentario sulla vita nelle carceri americane (peraltro, agli operatori si aggiungono anche dozzine di telecamere fisse per documentare la vita in prigione in ogni momento e in qualsiasi luogo del carcere).

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