Cronaca

Bush su strage nel College, sono cosse che capitano

Obama, non merita risposta

Strage nel college dell'Oregon

Redazione Ansa

NEW YORK, - E' bufera su Jeb Bush dopo le dichiarazioni rilasciate all'indomani della strage al college dell'Oregon. Durante un intervento a Greenville, nel sud Carolina, una delle tappe della sua campagna elettorale, il candidato repubblicano si e' riferito alla strage sostenendo che "sono cose che capitano" ('stuff happens'). Una frase infelice, che va al di la' della gaffe e che ricorda a molti l'ex capo del Pentagono, Donald Rumsfeld. Di fronte all'oltraggio mondiale per i saccheggi a Baghdad dopo la caduta del regime, nell'aprile 2003, Rumsfeld si attiro' feroci critiche per aver ripetutamente liquidato il tutto con una battuta: "Cose che capitano". Ora e' un Bush a usare l'infausta espressione: "Viviamo tempi difficili nel nostro Paese e non c'e' sempre una soluzione utile del governo alle sparatorie di massa. Ho vissuto anch'io queste situazioni da governatore perché capitano. L'impulso che ci spinge a reagire non sempre e' quello giusto", ha detto Jeb Bush, immediatamente attaccato dai democratici. E ieri, in conferenza stampa, anche il presidente Usa lo ha indirettamente criticato. "Non credo che io debba reagire. Credo che il popolo americano sia in grado di fare una valutazione basandosi sul fatto che quasi ogni mese abbiamo una sparatoria di massa e possa decidere se si tratta di 'cose che succedono'", ha detto Barack Obama, rispondendo alla domanda di un giornalista. Travolto dalle critiche, Bush si e' poi difeso sostenendo che i suoi commenti non erano riferiti alla tragedia dell'Oregon: "Nella vita succedono diverse cose...e a volte cerchiamo soluzioni ai problemi che non li risolvono, ma tolgono libertà e diritti alle persone. Questo è quello che volevo dire", ha replicato. Lo staff della campagna elettorale ha poi accusato i democratici di aver distorto le sue parole. "E' triste e vile che i democratici, aiutati e spalleggiati da alcuni nei media nazionali, estraggano da un contesto in modo disonesto le parole del candidato per portare avanti la loro agenda politica sulla scia di una tragedia", ha detto la portavoce, Allie Brandenburger. Un intervento simile a quello di Bush e' stato fatto da Donald Trump il quale ha affermato che se diventasse presidente, non si aspetterebbe di fermare tutte le fucilazioni di massa, "perché ci saranno sempre persone che la società non potra' fermare". Sulla questione e' intervenuto anche il New York Times che, in un editoriale, ha 'bacchettato' i repubblicani sostenendo che finora hanno solo offerto condoglianze dopo la strage nell'Oregon, ma non proposte concrete sul problema della vendita delle armi da fuoco. "La lobby delle armi "ha una tale presa sul Congresso che ha represso qualsiasi studio sul problema delle armi", scrive il Nyt che sottolinea: "Hillary Clinton continua a chiedere una maggiore sicurezza sulle armi, mentre l'altro candidato democratico, Bernie Sanders, appoggia l'agenda di Obama sul controllo delle armi". "I candidati repubblicani dovrebbero affrontare il problema e spiegare quali azioni intraprenderanno se eletti, per evitare di essere i leader di una nazione in lutto", conclude il Nyt.

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