Cronaca

5 cose che hai odiato studiando Leopardi

Dal pessimismo cosmico all'amore non ricambiato nei confronti di Silvia

Un ritratto di Giacomo Leopardi eseguito da Luigi Lolli

Redazione Ansa

Dal pessimismo cosmico all'amore non ricambiato nei confronti di Silvia. Molti hanno mal sopportato, studiando, Giacomo Leopardi. 

Skuola.net svela quali sono le 5 cose che gli studenti hanno odiato del poeta di Recanati, ma sempre in chiave ironica.

#5. Il pessimismo... Infinito
Leopardi era un genio e su questo non ci piove. Un genio triste però, di quelli profondamente infelici. Insomma, la vita di Giacomo Leopardi non fu di sicuro famosa per i momenti allegri.

#4. La costante friendzone
"Silvia rimembri ancora quel tempo della tua vita mortale, quando beltà splendea negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi, e tu, lieta e pensosa, il limitare di gioventù salivi?". Gli amori di Leopardi non sono mai finiti benissimo e comunque non hanno mai oltrepassato la friendzone (vedi i due anni di sentimenti provati nei confronti di Fanny Targioni Tozzetti, ispiratrice del Ciclo di Aspasia)
#3. Lo studio matto e disperato senza motivo
Forse molti non lo sanno, ma l'espressione "studio matto e disperatissimo" è di Giacomo Leopardi. Il padre lo costringeva a giornate sui libri che lo hanno portato a diventare la mente triste e brillante per la quale oggi i prof costringono gli studenti a passare pomeriggi sulle sue opere. 

#2. L'anima burlona
Attenzione: in realtà Leopardi era un simpatico burlone. Amava scrivere intere opere e farle passare per manoscritti originali di non si sa quale epoca. Poi, evidentemente per vendetta verso il padre che lo ha obbligato a passare la sua gioventù sui libri, glieli spediva per vedere se lui ci cascava, ma il padre non ci cascava. 

#1. La sottomissione al padre
Il rapporto tra Giacomo Leopardi e suo padre, Monaldo, è tra i più complicati e difficili della letteratura. Tra loro c'è una competizione costante e in più la frustrazione di Giacomo di essere obbligato a rimanere chiuso nella biblioteca paterna quando lui in, realtà, voleva uscire, scoprire il mondo. Tanto che un paio di fughe da casa le ha tentate per davvero, salvo poi sempre tornare. Fughe che non influirono negativamente sulla sua produzione letteraria, basti pensare che nel periodo in cui scappò di casa per andare a Roma scrisse La sera del dì di festa. 

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