Cronaca

Non solo Ebola: in 30 anni 12.000 epidemie

Hanno colpito 44 milioni di persone. Tra le prime dieci dominano le infezioni da salmonella, seguite da Escherichia coli, influenza A, epatite A, antrace, febbre dengue

Non solo Ebola: in 30 anni 12.000 epidemie

Redazione Ansa

Non solo Ebola, negli ultimi 30 anni nel mondo almeno 12.000 epidemie hanno colpito 44 milioni di persone. Tra le prime dieci dominano le infezioni da salmonella, seguite da Escherichia coli, influenza A, epatite A, antrace, febbre dengue. A stilare la classifica delle epidemie è la ricerca condotta negli Stati Uniti dalla Brown University e pubblicata sulla rivista Journal of Royal Society Interface. Il lavoro mostra anche che il 65 per cento delle malattie infettive degli ultimi 30 anni è arrivato dagli animali e di queste il 56 per cento ha causato vere e proprio epidemie.
    Lo studio si basa sui dati online del Global Infectious Disease and Epidemiology Online Network (Gideon) che contiene informazioni sulle malattie infettive dal 1980 al 2013, relative a 219 Paesi. Anche se sembra una brutta notizia, in realtà, sottolineano gli autori, il risultato mostra una tendenza incoraggiante: su base pro capite, l'impatto delle epidemie è in declino. In altre parole, queste malattie tendono ad interessare una parte sempre più ristretta della popolazione mondiale perché a livello globale stanno migliorando: prevenzione, diagnosi precoce, trattamenti, che diventano sempre più efficaci per ridurre il numero di persone infette.
    L'aumento delle epidemie secondo gli esperti è dovuto all'intensificazione dei contatti sia fra popolazioni, sia fra queste e gli animali da cui è arrivata la maggior parte delle malattie infettive degli ultimi 30 anni. Anche il virus Ebola, per esempio, si pensa sia stato diffuso a partire dai pipistrelli. ''Viviamo in un mondo in cui le popolazioni sono sempre più interconnesse tra di loro e con gli animali, sia la fauna selvatica sia il bestiame di allevamento'' ha osservato una delle autrici, la biologa Katherine Smith. ''Questi collegamenti - ha aggiunto - creano opportunità per i microrganismi di essere trasmessi dagli animali all'uomo, di attraversare le frontiere e di evolversi in nuovi ceppi più resistenti di quelli visti in passato''.
    Il prossimo passo sarà analizzare l'impatto che i cambiamenti climatici e le modifiche che riguardano l'uso dei suoli avranno sulle epidemie. ''Un pianeta più caldo, sempre più urbano e con paesaggi alterati senza dubbio – ha sottolineato Smith – saranno degli elementi che avranno un effetto sulla diffusione delle malattie infettive''.
   

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