Cronaca

Genova, viaggio nella città di fango

Aggredita Municipale,"mai più Stato né Comune". Rivive l'orrore

Genova, viaggio nella città di fango. Dolore e rabbia

Redazione Ansa

"Solo chi c'è già passato può capire" e accompagnare nel buio di un inferno improvviso come un'onda di piena chi vuole vedere cosa sia successo a Genova dopo che il Bisagno ha superato gli argini, ha travolto tutto e ha ucciso. La chiamano La Superba, questa città, e adesso è solo una grande conca di fango, dolorante e dolorosa. E quando lo Stato, che veste la divisa della polizia municipale e della Protezione civile, si avvicina ai luoghi dove, nel 2011, si è consumata una tragedia del tutto simile (6 morti) a quella di ieri, la gente, quelli che "ci sono passati" non lo possono tollerare: sputi, insulti, spintoni perché "non vogliamo più avere a che fare con questo Stato né con questo Comune". E' l'incubo che li fa reagire, quell'incubo che si concretizza poco dopo le 23 quando il torrente Bisagno prima si riempie d'acqua e poi la vomita fuori dagli argini. Chi nel 2011 viveva tra il Fereggiano, Molassana e Brignole ha già visto tutto e non può che ricordare. E anche in questo caso ha tutto da perdere. "E' da quando sono bambino che sogno di avere un'officina tutta mia. Stanotte ho perso tutto": Enzo De Vita, 27 anni, meccanico sognava la sua officina anche tre anni fa.
Anche lui ricorda quanto è successo nel 2011 e si arrabbia e inveisce. Non ha più nulla. Per altri quanto è accaduto "è il segno dell'incapacità di chi governa la città. Se avessero un po' di dignità sarebbero qui con le pale ad aiutarci". E ancora: "nessuno ci ha avvisato del pericolo".

Forse è quello che fa male di più: non la piena del Bisagno e nemmeno quella del Fereggiano, non questo temporale che muore e rinasce a ciclo continuo, ma il ricordo di quello che è stato e che non doveva succedere più. Piangeva, l'allora sindaco Marta Vincenzi, quando tra una pioggia d'insulti eseguì un sopralluogo nella piazza di corso De Stefanis. "Ci hanno accusato di aver fatto terrorismo - disse -: purtroppo ne abbiamo fatto troppo poco. Se abbiamo una colpa è questa, l'unica cosa da fare ora è mettersi al sicuro, la perturbazione non è ancora finita".
    Come allora, anche questa volta il problema è stata la comunicazione. "Quello che mi indigna - racconta Patrizia - è che non ci hanno informato che poteva succedere quello che è successo". E così quando la polizia municipale e i tecnici della Protezione civile sono andati a vedere come si comportava il Fereggiano i residenti li hanno insultati in memoria di quell'orrore dovuto sì alla natura ma, dicono, anche all'uomo.
   
A Borgo Incrociati, dove il fango ha picchiato duro, i nervi sono tesi: tra un reticolo di strade a ridosso della stazione ferroviaria di Brignole, il Bisagno è stato feroce. "È ancora peggio rispetto al 2011 - dice l'ambulante con un filo di voce mentre spala il fango dall'entrata del suo appartamento -, il fango mi sembra di più". Si è parlato poco in una notte buia per il black out, le nuvole e la rabbia. Ma quello che c'è da dire lo si dice e non lo si borbotta. "Grazie a Doria e agli altri - dice il commerciante che ha perso tutto -, la sponda da questa parte del torrente Bisagno è più bassa di un metro e mezzo rispetto a quella dall'altra parte".
    Ma l'incubo di qualcosa che arriva all'improvviso e che ti porta via ciò che ti sei conquistato spendendo una vita è qualcosa che non si risolve con un'ingiuria: "E' la paura di dover ricominciare. Nel 2011 chi perse l'attività non si è più ripreso, adesso sarà ancora peggio perché c'è la crisi e c'è sfiducia. Non ci rimetteremo in piedi". Il Bisagno oggi come il Fereggiano allora si sono portati via qualcosa di più di una manciata di macchine, di serrande, di pezzi di muro. Si stanno portando via la speranza "e la voglia di fare, di lavorare. Si sono portati via il futuro".
   

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