Cronaca

Pantani e quelle persone "che gli davano fastidio"

Testimone racconta. Davvero molestatori o manie persecutorie?

Marco Pantani in ospedale a Torino dopo la caduta a sette chilometri dall'arrivo della Milano-Torino, 31 ottobre 1995

Redazione Ansa

Davvero alcune persone molestavano Marco Pantani alcune ore prima della sua morte, il 14 febbraio 2004, o il Pirata era in preda a manie persecutorie? E' questo, probabilmente, uno degli aspetti principali che dovrà chiarire l'inchiesta per omicidio volontario avviata dalla Procura di Rimini dopo un esposto della famiglia del campione. Il racconto di quelle presunte molestie al "Pirata" è nella testimonianza di Lucia D., all'epoca addetta alla portineria del "Residence Le Rose" di Rimini, dove Pantani alloggiava nell'appartamento D5 dal 9 febbraio, cinque giorni prima della morte.

"Verso le ore 10,30 (del 14 febbraio 2014, ndr) - dichiara la donna alla polizia - ricevevo dall'appartamento del Pantani una chiamata, lui mi chiedeva con tono irritato di salire immediatamente al suo appartamento in quanto vi erano delle persone che gli davano fastidio. Salivo immediatamente per le scale, ma non notavo nessuno nel corridoio e non udivo rumori di alcun tipo. Contestualmente a me, arrivava anche la signora che effettua le pulizie nelle camere, la quale mi riferiva di aver bussato, pochi attimi prima, alla porta del D5 ma che dall'interno nessuno le rispondeva. Provavo quindi anch'io a bussare, dicendogli chi ero, cercavo di farmi aprire, ma inutilmente, lui non rispondeva".

"A questo punto - prosegue la testimone - andavo nell'appartamento vuoto vicino e lo chiamavo al telefono chiedendogli cosa stesse succedendo. Il Pantani mi rispondeva, con tono nervoso e modo alquanto scostante, che c'erano delle persone che gli davano fastidio. Poiché non udivo in sottofondo altre voci, insistevo affinché mi spiegasse bene chi erano queste persone e dove si trovassero. Pantani mi ripeteva che c'erano delle persone che gli davano fastidio, ma senza aggiungere nulla di concreto. Alla mia richiesta di poterlo eventualmente aiutare, lui mi rispondeva che a quel punto era lo stesso e chiudeva la comunicazione. Rimanevo perplessa per l'incoerenza e la stranezza di tutta la situazione, in ogni caso poiché non avevo modo di poter fare altro ritornavo al bureau". Pochi minuti dopo Pantani si rifà vivo con l'addetta alla portineria.

"Verso le ore 10,55 circa - ricorda la donna - ricevevo un'altra telefonata da Pantani: con tono ansioso ed animato mi riferiva che continuava ad avere dei fastidi da un qualcuno, che così non andava bene e di chiamare i carabinieri. Gli chiedevo prontamente, preoccupata per il tono della sua voce e vista la telefonata precedente, se stava male oppure se potevo fare qualcosa, ma lui con tono più dolce mi rispondeva che, se volevo, potevo chiamare i carabinieri, altrimenti era lo stesso. E chiudeva la telefonata". La donna è "preoccupata e confusa", informa il titolare del residence, dal corridoio sente Pantani "biascicare una parola incomprensibile". Verso le ore 12.30 la donna parla di nuovo al telefono con il titolare e lo aggiorna.

"Il titolare - riferisce la teste - mi chiedeva di vedere le eventuali telefonate fatte dal Pantani o di cercare sull'elenco il numero di casa dello stesso, al fine di poter rintracciare un familiare a cui poter raccontare quello che stava accadendo. Da tale accertamento emergeva che il Pantani, dal momento del suo arrivo, più precisamente la prima giornata, il giorno 9, aveva chiamato solamente tre utenze cellulari, e tutte le telefonate erano di breve durata. Stampavo quindi i numeri, dopodiché cercavo sull'elenco il numero telefonico fisso della sua famiglia, senza però riuscire a trovarlo". Fin qui il racconto della donna, che conclude il suo turno di lavoro. Il seguito è in una informativa della polizia. Dato quel che stava accadendo, "il proprietario del residence - si legge nell'informativa - dava precise indicazioni al portiere del turno serale affinché continuasse ad effettuare controlli". L'addetto alla portineria bussa insistentemente alla porta, in momenti diversi, senza ottenere risposta; prova ad entrare, ma trova la porta bloccata dall'interno. A questo punto, sono circa le 20.45, il proprietario autorizza a forzare la porta: l'impiegato riesce ad entrare e "individua la salma di Marco Pantani riversa accanto al letto in una pozza di sangue". Arriva la polizia: spuntano i farmaci, spunta la cocaina, spuntano alcuni scritti di Pantani con frasi sconclusionate e apparentemente senza senso. Nessuna traccia, invece, dei presunti molestatori del Pirata.

Leggi l'articolo completo su ANSA.it