Sicilia

Artioli, un manager alla guida dell' 'Azienda Massimo'

Parla il nuovo direttore esecutivo del teatro, tanti obiettivi

Redazione Ansa

(ANSA) - PALERMO, 23 MAR - "Un teatro è una macchina da guerra" lo dice Ettore Artioli, da tre mesi direttore esecutivo del Teatro Massimo. Artioli è un manager di lungo corso, non teme le sfide. Dopo aver diretto l'Amia e l'Amat, oggi si divide tra i diversi luoghi del teatro, da piazza Aragonesi ai laboratori di Brancaccio, ai padiglioni della Fiera. Chi lo conosce bene parla di dinamismo e prontezza di riflessi, velocità nelle decisioni. "L'urgenza - sostiene - fa parte della vita di un teatro, gli imprevisti vanno risolti e subito. Un esempio? All'ultima recita di Madama Butterfly, il tenore si è sentito male abbiamo chiamato un'ambulanza. E poi che fare? Chiudere lo spettacolo o risolvere. Le conoscenze di Marco Betta hanno aiutato ancora una volta, un tenore è arrivato da Carini, conosceva bene la parte, ha cantato e un critico che veniva dalla Svizzera ci ha fatto i complimenti. Ma il teatro lavora dal giorno alla notte. In un anno abbiamo 390 spettacoli e la mattina quelli dedicati alle scuole portano in teatro una media di 900 studenti. Questo significa avere tecnici, elettricisti, maschere. Il teatro non dorme mai. Per me è un'esperienza importante, ma sono convinto che in un'azienda devi starci finché sei utile e gradito, per questo nella mia stanza non c'è nulla di mio".
    Ettore Artioli entrò per la prima volta in teatro quando aveva nove anni e da allora è un abbonato, anche oggi. E' forse l'unico caso di direttore operativo abbonato, sempre nelle stesse poltrone che lo hanno visto bambino che accompagnava i genitori. Il suo autore preferito è Verdi e l'opera del cuore è Rigoletto. Ma in questo nuovo ruolo ha obiettivi molto precisi: "Abbiamo appena acquistato due arpe e adesso tocca ai pianoforti. Sono strumenti che appartengono al teatro, rimodernare il palcoscenico, climatizzare il palcoscenico e la fossa orchestrale, cambiare i velluti. Non sarà facile, qui non abbiamo industrie capaci di un lavoro così imponente, ma lo faremo e in tempi brevi. I teatri d'epoca sono un patrimonio nazionale, ma bisogna intercettare i fondi che vengono dal Pnrr e dalla Comunità Europea, oltre a quelli che ricaviamo dal botteghino, dal Comune, dalla Regione e dal Ministero." (ANSA).
   

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