Sicilia

Mafia: voti e soldi,arrestati militare Gdf e 3 vigili urbani

Inchiesta 'Sipario' Dda di Catania su clan Cappello-Careteddi

Redazione Ansa

(ANSA) - CATANIA, 16 MAR - Ci sono anche un sottufficiale della guardia di finanza, in servizio nella compagnia di Augusta (Siracusa), che è anche vice presidente della Sesta Circoscrizione del Comune di Catania e tre agenti di polizia municipale dello stesso Ente locale tra i destinatari dell'ordinanza 'Sipario' eseguita dalla Guardia di finanza di Catania. Il vicebrigadiere Mauro Massari, arrestato e condotto in carcere da suoi colleghi, è accusato di avere "stretto un patto elettorale" con Orazio Buda, esponente di spicco del clan Cappello-Carateddi che lo avrebbe sostenuto nelle elezioni amministrative del 2018 a Catania in cui con oltre 965 preferenze risultò eletto nella Circoscrizione dei rioni Librino, San Giorgio, San Giuseppe La Rena, Zia Lisa e Villaggio Sant'Agata. In cambio, è l'ipotesi della Dda della Procura di Catania, Massari, "attraverso il reiterato abuso della propria qualità e dei poteri connessi alla funzione esercitata" prometteva "di soddisfare la pressante richiesta del Buda" di "ottenere, in favore di una società a quest'ultimo gradita, un subappalto da 6 mln di euro al Porto di Augusta per la demolizione di una piattaforma ferrosa". E, secondo accertamenti del nucleo Pef-Gico della guardia di finanza di Catania, sempre su richiesta di Buda, anche lui destinatario dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere, "prometteva di danneggiare un piccolo imprenditore attraverso l'utilizzo dei poteri connessi alla funzione esercitata". Le indagini del nucleo di Polizia economico finanziario (Pef) della Guardia di finanza di Catania hanno fatto emergere che tre vigili urbani avrebbero redatto "false relazioni di servizio" sulla "sussistenza dei requisiti richiesti dalla normativa di settore" per "garantire l'assegnazione di alloggi popolari da parte dell'Iacp in favore di stretti congiunti di Buda". I tre agenti della polizia municipale, posti agli arresti domiciliari, sono Francesco Campisi, che avrebbe agito da intermediario, e i suoi colleghi Giuseppe Longhitano e Attilio Topazio. 'amministrazione comunale di Catania ha già avviato le procedure per sospendere dal servizio, con effetto immediato, Carmelo Longhitano e Attilio Topazio, quest'ultimo peraltro già sospeso dall’attività lavorativa perché in precedenza destinatario di un altro provvedimento cautelare per una diversa inchiesta della magistratura. L'altro agente, Francesco Campisi, è già fuori dai quadri comunali.

Due arresti in carcere, un esponente di spicco del clan Cappello-Carateddi e un sottufficiale della guardia di finanza, e cinque ai domiciliari, due presunti riciclatori di soldi e tre agenti della polizia municipale di Catania, tre obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria e 12 misure interdittive del divieto di esercizio dell'attività commerciale. E' il bilancio dell'ordinanza cautelare emessa dal Gip di Catania nell'ambito dell'inchiesta 'Sipario' della Dda della Procura etnea su indagini del nucleo Pef-Gico della guardia di finanza del comando provinciale. Complessivamente sono 34 le persone indagate, 22 quelle raggiunte dal provvedimento restrittivo, sette delle quali arrestate. Eseguito anche il sequestro di sequestro di beni per 5 milioni di euro riguardanti quote sociali, beni mobili, immobili e conti correnti di tre società (Royals, Speciale boys e 9 cereali), attive nella gestione di noti bar e ristoranti, che secondo la Dda sono state "fittiziamente intestate ai numerosi 'prestanome'" di Orazio Buda esponente di spicco della cosca Cappello-Carateddi per "eludere le indagini patrimoniali nei confronti dello stesso esponente dell'associazione criminale". Dalle indagini del nucleo di Polizia economico finanziaria e del Gico della guardia di finanza di Catania, sottolinea la Dda, è emerso che Buda, avrebbe "posto in essere numerosi atti estorsivi a danno di privati cittadini, imprenditori catanesi operanti nei settori dei trasporti". Pressioni, accusa la Procura distrettuale, esercitate anche "nei confronti di un noto e premiato pittore siciliano, dal quale Buda pretendeva l'elargizione di opere, alcune delle quali destinate a pubblici funzionari, per tessere rapporti relazionali utili per perseguire finalità illecite", altre, invece "destinate ad arredare alcuni degli esercizi commerciali a lui riconducibili". Buda è indicato dalla Dda come "legato al gruppo di Orazio Privitera,, esponente di vertice del clan Cappello-Carateddi" e per conto della cosca "ha, tra l'altro, provveduto in modo costante e intenso al reimpiego del denaro provento di delitti in attività commerciali affermate sul territorio e fittiziamente intestate a terzi per schermare la loro riconducibilità a se stesso e al clan"

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