Sicilia

Teatro: una "Lisistrata" più attuale che mai a Siracusa

Successo per lo spettacolo di Solenghi tra citazioni e cabaret

Redazione Ansa

(ANSA) - SIRACUSA, 29 GIU - Aristofane nostro contemporaneo? Molto di più. L'autore di "Lisistrata", andata in scena ieri sera al Teatro greco di Siracusa ha subito numerose incursioni dal nostro vivere odierno. Tullio Solenghi, che firma la regia, si è appassionato alla commedia al punto da inserire brani, o battute, che esplicitamente ci riportano all'oggi: bisogna realizzare la pace come urlano "quei disperati che ci chiedono aiuto dal mare". E giù l'applauso di 5000 spettatori. L'idea di utilizzare i diversi dialetti italiane per far parlare le donne di Atene, di Sparta, o di Corinto, è vincente ed è funzionale alla comicità che Solenghi voleva accentuare solleticando le corde più popolari degli spettatori, come del resto si confà al commediografo greco. Lo spettacolo inizia con un coro tribale, molto ritmato, avvolto in mantelli neri ed armato di spade. Mentre le spartane, guerriere sportive, arrivano in bikini rosso, secondo la più classica delle iconografie dei mosaici della villa del Casale. Solenghi non teme di forzare la mano e quando fa entrare Pedasta, 'la femmina quanto basta', in scena Massimo Lopez in abiti e piume della migliore Wanda Osiris, intona "My Way", un bel pezzo di cabaret, che mette in crisi la coscienza del regista che fa arrivare una telefonata di rimostranze da Aristofane. O quando Mirrina, una convincente Giovanna Di Rauso, che deve sedurre il marito in astinenza da ormai troppo tempo, danza sulle musiche di "Nove settimane e mezzo". La scena e i costumi sono di Andrea Viotti e alludono costantemente ai colori e all'architettura africani. I riferimenti alla situazione dei migranti, come prime vittime della guerra sono innumerevoli. E "Lisistrata" è questo, un inno alla pace a qualunque costo, e chi pensasse che si tratti di un testo protofemminista, è fuori strada. Per il mondo greco non esiste la parità tra i sessi, ma Lisistrata architetta il suo folle progetto per fermare la guerra, madre di tutti i disastri.
    Lo spettacolo gira intorno alla bravura, alla sapienza attoriale di Elisabetta Pozzi, padrona dell'agorà e dell'Acropoli, ben affiancata da Federica carruba (Calonice), Mirrina e Lampitò (Viola Marietti). Ma la poesia finale, scritta da Simone Savogin, era abbastanza superflua. Un sicuro successo di pubblico per tutti, anche per il coro delle vecchie: Tiziana Schiavarelli, Simonetta Cartia, Silvia Salvatori.
    Federico Vanni è il magistrato corrotto, che in Aristofane non manca mai. Più attuale di così. Si replica fino a 6 luglio. (ANSA).
   

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