Sicilia

Pistola trovata in bara boss Palermo

Carabinieri riesumano salma dopo dichiarazioni pentito

Pistola in bara mafioso Badalamenti

Redazione Ansa

      (di Ruggero Farkas)

   Il sicario mafioso, Agostino Badalamenti, preso con la 357 magnum fumante di omicidio il 22 agosto '79 in una cabina telefonica, che si finse pazzo dicendo al giudice che lo interrogava "Voglio la mamma, voglio la mamma", è stato sepolto con tutti gli onori come i faraoni e i regnanti maya col suo corredo funerario: la pistola e un pacchetto di sigarette. Evidentemente le cose che gli erano più care in vita. Ieri nel cimitero di "Santa Maria di Gesù", a Palermo, i carabinieri del nucleo investigativo, eseguendo il decreto di esumazione straordinaria di cadavere e perquisizione emesso dalla Dda, hanno trovato nella bara una pistola a tamburo arrugginita e una borsa con vari oggetti oltre a un pacchetto di sigarette. Badalamenti morto a 46 anni nel 2005, vene arrestato per l'uccisione di Michele Lipari. Si finse pazzo venne riconosciuto seminfermo di mente e finì nel manicomio giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto. Ma anni dopo, con un'inchiesta messinese venne fuori che il sicario braccio destro del boss di santa Maria di Gesù, Ignazio Pullarà, non era affatto pazzo. La vicenda provocò processi anche nei confronti dei periti che attestarono le sue condizioni e agenti di custodia. Lui venne riprocessato e condannato a 18 anni di carcere. Quando fu rilasciato aprì un bar alla Guadagna a Palermo e rientrò nel giro mafioso.

     La scoperta del corredo funerario del killer si deve al collaboratore di giustizia Salvatore Bonomolo che ha raccontato di essere stato proprio lui a mettere pistola e sigarette nella bara di Badalamenti. L'arma è stata inviata al Ris di Messina per l'analisi balistica e per verificare se sia stata utilizzata per commettere delitti. Badalamenti scarcerato nel '99 sarebbe stato promosso da Bernardo Provenzano in persona capo del mandamento mafioso di Porta Nuova. Una carica durata poco: nel 2003 venne arrestato con l'accusa di mafia ed estorsione e due anni dopo morì. Cercare di fingersi pazzo, negli anni '80, era un tentativo non raro tra i mafiosi.

   Antonino Marchese, arrestato il 7 luglio '79 in un bar dove aveva dimenticato una pistola calibro 38, consentì al vice questore Boris Giuliano di risalire al covo in cui si nascondeva il boss allora latitante Leoluca Bagarella. Marchese, infatti, aveva in tasca la bolletta Enel dell' appartamento, dove furono trovati anche quattro chili di eroina. Quando il mafioso fu messo alle strette replicò agli inquirenti: "Come vi permettete, io sono Napoleone, datemi subito i miei eserciti". E non cambiò atteggiamento.
   

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