Sicilia

Libri: i mercati popolari di Palermo come teatri di vita

Volume edito da Kalos racconta Ballarò, il Capo e la Vucciria

Mercato Vucciria a Palermo (foto di Giovanni Franco)

Redazione Ansa

(ANSA) - PALERMO, 7 OTT - Un vecchio detto palermitano assicurava: "I balati ra Vucciria nun s'asciucanu mai". E invece è arrivato il tempo in cui anche la pavimentazione in pietra dell'antico mercato popolare si va asciugando. Sono sempre meno i commercianti che rovesciano secchiate d'acqua sulla merce esposta tra bancarelle avvolte da luci, colori e odori. Questo mondo sopravvive ormai nella memoria dei palermitani, nel celebre dipinto di Renato Guttuso e nel vissuto riadattato di luoghi dove la confusione si sovrappone al frastuono di voci dei venditori e al degrado inarrestabile. Questo microcosmo colorato, avviato verso un lento declino, è raccontato nel volume "Ballarò, Capo e Vucciria" curato da Giuseppe Alba (Kalòs editore, 132 pagine, 16 euro) che raccoglie interventi di Silvano Riggio, Rosario Perricone, Francesca Fatta, Mario Zito, Marilù Monte, Daniele Billitteri, Marcella Croce e Mario Pintagro. I tre mercati popolari hanno un impianto arabo con un intricato labirinto viario e l'aspetto di un suk. Questi luoghi, dove si trovano insospettabili testimonianze architettoniche e artistiche di grande pregio, hanno legato il loro fascino attrattivo alla capacità dei commercianti di trasformare la vendita delle loro mercanzie in un'arte circense che spettacolarizza ogni cosa, anche i cartelli dei prezzi nei quali lo zero è sempre disegnato con una piccola coda che lo fa diventare nove. Sono i piccoli trucchi di venditori che seguono regole antiche per apparecchiare con cura sapiente banconi, cassette e panieri. Una volta era tutta merce di produzione locale. Ora questi luoghi sono il centro di una grande contaminazione etnica di prodotti e di persone. C'è chi parla per questo di una crisi di identità dei mercati storici di Palermo. Ma anche con soggetti e attori diversi mantengono tutta la loro tradizione di teatro popolare. E questa è la ragione per cui, malgrado il declino e le balate più asciutte, non abbassano il sipario. (ANSA).
   

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