Sardegna

Basket: Sardara, questo è il mio ultimo anno alla Dinamo

Presidente a sorpresa, "impegno gravoso, servono forze fresche"

Stefano Sardara

Redazione Ansa

DI GIAN MARIO SIAS

"Non so stare fermo, quindi mai dire mai, ma oggi il mio sogno è avere più di cinque minuti per fare colazione, poter pranzare con mia moglie e la mia famiglia, magari cenare con qualche amico e, perché no, coltivare i miei hobby, che non so più cosa voglia dire". Stefano Sardara lascia così. Il patron della Dinamo più vincente di sempre, quello dell'unico scudetto e dell'unico trofeo europeo in bacheca - oltre a due edizioni della Coppa Italia e due della Supercoppa italiana e all'indimenticabile esordio in Eurolega - cede il passo. Dopo dieci anni alla guida del club sassarese, il presidente e proprietario ha annunciato che lascerà alla fine della prossima stagione, la sua undicesima a dirigere quel Banco di Sardegna che ha salvato da una situazione critica, quando nel 2011 il gruppo dirigente guidato dall'imprenditore Luciano Mele aveva deciso di fare un passo indietro dopo la prima stagione nella massima serie.

In dieci anni Sardara è stato osannato spesso per i risultati gestionali e per quelli sportivi, meno per il suo carattere che gli ha procurato la fama di "mangia allenatori". Decisionista, ideatore di un modello difficilmente replicabile e fortemente basato sulla sua personalità e sulla sua tela di conoscenze e di contatti, passerà alla storia per aver fatto fuori senza troppi problemi due icone del basket italiano: gli ex giocatori Meo Sacchetti, oggi coach della nazionale italiana, che a Sassari aveva messo radici e che ha conquistato nel 2015 lo storico triplete (scudetto, Coppa Italia e Supercoppa italiana) e Gianmarco Pozzecco, altra stella del firmamento cestistico nazionale, la cui esperienza sulla panchina di Sassari è finita traumaticamente dieci giorni fa dopo un flirt col presidente, ormai giunto al capolinea.

Sull'addio di Sardara al basket non ha pesato la separazione non del tutto consensuale con il Poz, né i problemi legati alla ristrutturazione del PalaSerradimigni o le minori entrate prodotte dalla pandemia, che ha costretto Sassari a una stagione e mezzo sul suo pubblico. "Umanamente avevo già deciso da tre anni, perché è stata un'esperienza fantastica ma logorante - spiega - ma con l'arrivo del Covid non mi è sembrato il caso di lasciare la società in una situazione complessa, di assoluta incertezza". Il presidente assicura che la sua decisione non ridimensionerà gli obiettivi stagionali della squadra, né si sbilancia sul futuro societario. Una suggestione però la fornisce. "Se dici Dinamo dici Dino Milia", afferma, riferendosi all'avvocato a capo della società per oltre trent'anni. In città i bene informati mormorano che nel futuro del Banco possa esserci Sergio Milia, già giocatore e dirigente biancoblu oltreché politico di rango regionale. Ma ancora è presto, perché prima c'è una stagione intera per i ripensamenti.

Leggi l'articolo completo su ANSA.it