Sardegna

Cinema: Spaccapietre, viaggio nell'inferno dei braccianti

Il racconto dei fratelli De Serio per elaborare un doppio lutto

Redazione Ansa

DI MARIA GRAZIA MARILOTTI

"Questo film nasce dall'esigenza di elaborare un doppio lutto. E' una sorta di immersione in una realtà che sembra non essere cambiata a distanza di 70 anni". Gianluca De Serio, regista assieme al fratello Massimiliano di "Spaccapietre", racconta all'ANSA il viaggio in un inferno contemporaneo, un'amara e tragica realtà, quella dello sfruttamento dei braccianti sotto caporale. Un'opera che predilige la dimensione onirica e favolistica, affidandosi allo sguardo puro di un bambino. Apprezzato a Venezia da pubblico e critica, è stato presentato mercoledì 7 ottobre in prima regionale e fuori concorso al Carbonia Film Festival tra gli applausi degli spettatori e verrà proiettato anche a Cagliari (giovedì 8 alle 21 allo spazio cinema Odissea) e a Sassari (venerdì 9 al Moderno).

"Spaccapietre mescola realtà e finzione e si ispira a un fatto di cronaca che risveglia una memoria familiare - spiega Gianluca De Serio - la morte sul lavoro della bracciante pugliese Paola Clemente, nel 2015, rimanda a quella nel 1958, di nostra nonna Rosa, una bracciante con una forte coscienza politica, in prima linea per l'occupazione delle terre. Incinta di due gemelli, provata dal duro lavoro nei campi, morì pochi giorni dopo un doppio aborto spontaneo. Il film per noi è una sorta di ricongiungimento con le nostre origini, uno scavare nella memoria, un viaggio nei territori invisibili dell'anima". ll fulcro della storia è il forte legame fra un padre, interpretato da Salvatore Esposito (serie Tv Gomorra) e il figlio, con il loro percorso di consapevolezza. Un amore assoluto che si intensifica dopo la scomparsa della moglie e madre, bracciante a giornata uscita prima dell'alba per andare al lavoro e mai tornata a casa. Fra le scene più toccanti e struggenti c'è una gita al mare che trasfigura il funerale di famiglia in una immagine surreale e poetica.

La macchina da presa scolpisce immagini archetipiche dense di rimandi mitologici. In una dimensione fuori dal tempo di una vicenda che potrebbe appartenere al passato come al futuro e a qualsiasi latitudine. "Se abbiamo voluto costruire questo lungometraggio su un dramma ancora troppo sottaciuto, la nostra volontà è raccontare una storia universale che può essere ambientata in qualsiasi luogo dove si verificano analoghi meccanismi di sfruttamento e dinamiche di potere", aggiunge Gianluca De Serio, che a fine proiezione ha conversato con il pubblico in un incontro ricco di spunti e riflessioni. Il film passa attraverso diversi registri. Parte da un dramma familiare per trasformarsi in una favola nera con un crescendo di violenza implicita che porta all'esplosione finale. "Questa storia che traccia un ponte con l'aldilà, mettendo in relazione i vivi e i morti, ha un forte legame con l'invisibile e il mondo sotterraneo - conclude il regista - Credo che a Carbonia con la sua storia legata alle miniere, alle viscere della terra, come al suo patrimonio archeologico, questo film calzi a pennello - conclude il regista - e in qualche modo si possa connettere anche spiritualmente con l'anima dei luoghi e di chi li abita".

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