Sardegna

Mesina, per me condanna come pena morte

Ex bandito si difende in videoconferenza da carcere di Nuoro

Redazione Ansa

"Per me quella condanna di primo grado è stata come se mi avessero dato la pena di morte". Collegato in videoconferenza dal carcere nuorese di Badu 'e Carros, Graziano Mesina, ex primula rossa del banditismo sardo, ha rilasciato oggi una lunghissima dichiarazione spontanea al processo d'appello dopo la condanna a 30 anni per associazione a delinquere legata a un traffico internazionale di droga.

Nella piccola cella del penitenziario nuorese, con accanto l'avvocata Beatrice Goddi, l'imputato eccellente del procedimento che si sta svolgendo davanti alla Corte d'appello di Cagliari, presieduta da Giovanni Lavena, ha ribadito di non aver "mai commesso reati dopo la grazia" che gli era stata concessa."Mi mantenevo con vari lavori - ha spiegato - rilasciando interviste a pagamento ai giornalisti oppure facendo altre attività". Tra queste Mesina ha ricordato le intermediazioni.

"Mi sono occupato di un affare della figlia di Berlusconi vicino Olbia - ha ricordato Grazianeddu - perché un pastore che c'era da anni in quelle aree doveva essere sfrattato e sono stato contattato perché si mettessero d'accordo". Un fiume di dichiarazioni, tutte a braccio e con unico obiettivo: smantellare l'intero impianto accusatorio. "Quando ho commesso reati - ha scandito più volte - me ne sono sempre assunto la responsabilità. Ma non ho fatto nulla di quello che di cui ora mi accusano". L'avvocata di Mesina, Maria Luisa Verner, ha quindi chiesto per lui l'assoluzione. La parola è poi passata a Luca Cianferoni - storico difensore di Totò Riina - con una lunga e appassionata arringa a favore di Corrado Altea, l'avvocato-imputato condannato in primo grado a 16 anni perché ritenuto affiliato all'associazione a delinquere. "Ho commesso alcuni errori - ha ammesso Altea nelle sue dichiarazioni spontanee seguite all'arringa - mi servivano soldi e li ho chiesti a Gigino Milia, che poi mi ha ricattato. Ma ho commesso solo errori, non i reati che mi vengono qui contestati".

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