Sardegna

Povertà: lieve diminuzione nell'isola

Rapporto Caritas, richieste di viveri e bollette da pagare

Redazione Ansa

Povertà in lieve diminuzione in Sardegna. Lo dicono i dati Istat ma anche il numero, ridotto del 2,2% rispetto all'anno precedente, delle persone che si sono rivolte alle Caritas sarde. Le cifre sono tutte nel report 2016 presentato in Consiglio regionale. Ma sono percentuali di decrescita - ha avvertito don Marco Lai, delegato regionale della Caritas- ancora di piccola entità.

Attenzione al futuro: i giovani rischiano di diventare i nuovi poveri: un individuo su cinque tra chi ha lanciato un sos ha un'età compresa tra i 15 e i 34 anni. Colpa della disoccupazione. Con un tasso record (71,7%) tra i 15 e 24 anni nel Medio Campidano. Le persone ascoltate dai dieci centri di ascolto sparsi nell'isola sono state 7.692 nel 2016. Soprattutto italiani (73,3%). Gli stranieri sono circa 2000, in particolare di nazionalità romena, marocchina e senegalese.

Che cosa chiede chi si rivolge ai centri? In primo luogo un aiuto economico: sono le persone senza o con poco reddito. Chiedono viveri, accesso alle mense, pagamento di luce, gas e tasse. Forte anche la domanda di medicine e cure che non si possono pagare. Strettamente legate a questo aspetto è quello della disoccupazione: in tanti chiedono lavoro. Ci sono poi i problemi familiari, dovuti a separazioni e divorzi. E la questione casa: da chi non ha un'abitazione a chi vive in condizioni assolutamente precarie.

Gli stranieri cercano invece di sbrogliare anche attraverso la Caritas matasse relative a burocrazia, permessi di soggiorno tutela giuridica per richiedenti asilo. "La povertà - ha detto l'arcivescovo di Cagliari Arrigo Miglio - non è un destino ineluttabile. Bisogna anche capire le ragioni delle povertà per capire come contrastarla. Sono state individuate delle piste per ridurre le cause della povertà. Al centro ci deve essere sempre la persona".

L'età media di chi chiede aiuto è di 46,7 anni, donne e uomini in egual misura. Chi possiede un titolo di studio superiore riesce a difendersi meglio dalla crisi: altissima la quota (81,5%) di chi ha abbandonato la scuola molto presto.
   

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