Puglia

Confronto Cgil-Confindustria Puglia, 'lavoro troppo precario'

Bucci e Fontana spiegano le criticità dell'occupazione

Redazione Ansa

(ANSA) - BARI, 17 GEN - Precarietà del lavoro, necessità di maggiori investimenti e preoccupazione per la qualità dell'occupazione in Puglia. Sono questi i temi principali che hanno animato il confronto 'Come sta il lavoro?', organizzato questa mattina a Bari fra la segretaria generale della Cgil Puglia, Gigia Bucci, e il presidente di Confindustria Puglia, Sergio Fontana.
    "Bassi salari e diffuso precariato - ha evidenziato Bucci - caratterizzano il mercato del lavoro italiano che, analizzato con la lente pugliese, presenta criticità ancora più accentuate". "Oltre il 90% dei rapporti di lavoro che si attivano - ha aggiunto - è precario e prevalgono settori a basso valore aggiunto, in primis agricoltura e terziario, oltre una forte intermittenza e stagionalità che trascina ancor più verso il basso i salari". Bucci ha chiarito anche che "la condizione per cui oggi si è poveri anche lavorando è diffusa", mentre "dovrebbe essere la prima emergenza che la politica dovrebbe affrontare". Per la segretaria, il miglioramento della condizione del lavoro sul territorio "passa attraverso politiche fiscali che vadano nel senso della redistribuzione, una seria lotta all'evasione fiscale, tassazioni mirate su rendite e speculazioni, su chi fa extra profitti".
    Fontana ha invece sottolineato che in Puglia "si registra il tasso più alto di occupazione al sud", tuttavia "al positivo dato quantitativo non corrisponde un mercato del lavoro dinamico da un punto di vista qualitativo". "Si tratta - ha detto - principalmente di occupati con una qualifica professionale medio-bassa, assunti per lo più con contratti a tempo determinato". Il presidente degli industriali pugliesi ha precisato infine che "perdiamo importanti quote di capitale umano: giovani competenti che preferiscono trasferirsi altrove e donne che non lavorano. Una perdita enorme di ricchezza perché il lavoro crea ricchezza", di qui la necessità di "politiche attive" per diventare "attrattivi per le nostre risorse umane".
    (ANSA).
   

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