Puglia

Punta Perotti,Strasburgo condanna Italia

'I proprietari dei suoi confinanti non sono mai stati processati'

Redazione Ansa

I terreni di proprietà delle società baresi Giem Srl, Hotel Promotion Bureau Srl, Rita Sarda Srl e Falgest Srl, adiacenti a quelli dove sorgeva Punta Perotti (l'ecomostro sul lungomare di Bari da 300mila metri cubi abbattuto nel 2006), furono confiscati senza che le aziende e i loro legali rappresentanti fossero stati mai processati. È questo il principio in base al quale la Gran Corte dei diritti dell'uomo di Strasburgo ha condannato lo Stato italiano a risarcire le società. Già sei anni fa la Cedu condannò l'Italia a risarcire con 49 milioni di euro Sud Fondi, Mabar e Iema - ditte costruttrici dell'ecomostro - perché il processo penale si era concluso con l'assoluzione degli imputati, ma con la confisca dei terreni ritenuti frutto di una lottizzazione abusiva. In entrambi i casi, quindi, quei suoli non avrebbero dovuto essere confiscati, ma nel caso della sentenza odierna, si evidenzia come "ci fu addirittura l'erogazione di una pena pur in assenza di qualsiasi processo a carico" dei proprietari dei suoli. A spiegarlo è uno dei legali della Giem, l'avvocato Riccardo Riccardi, co-difensore della società insieme con i colleghi Pino Mariani e Francesco Rotunno. "La vicenda decisa dalla Gran Corte dei diritti dell'uomo di Strasburgo è analoga a quella della precedente decisione su Punta Perotti, che vedeva coinvolti i soggetti che avevano edificato, ma - spiega il legale - presenta una sua peculiarità. È vero che il principio riaffermato dalla Corte è quello della violazione della proprietà privata, allorquando in una sentenza si dispone la confisca di immobili e/o terreni per costruzione abusiva, senza una condanna dei responsabili, ma questo caso è parzialmente diverso dal precedente. Infatti, non solo la Giem non ha mai costruito nulla (neppure una recinzione), ma la stessa non ha mai neppure sottoscritto la convenzione della (illegittima) lottizzazione". I suoli della Giem "furono inseriti d'ufficio nella lottizzazione, sulla cui edificazione - spiega l'avvocato Riccardi - intervenne poi la magistratura penale con un processo che ebbe il suo epilogo in una sentenza che dichiarava la lottizzazione abusiva, assolveva gli imputati costruttori, ma disponeva la nota confisca, non solo degli immobili degli imputati assolti, ma anche di quelli confinanti, di proprietà della Giem che, tuttavia, non fu mai coinvolta in quel processo penale". "Persino nei paesi dittatoriali, - commenta il difensore - prima di erogare una pena l'interessato viene sottoposto a un processo (magari farsa); mentre in questo caso la confisca è stata disposta e subita senza alcun processo e senza la minima possibilità di potersi difendere". "La Giem ha potuto e dovuto intraprendere una lunga disputa legale solo a confisca subita e, alla fine, quello che al momento della confisca era ancora un suolo edificatorio, per effetto di norme successive, non lo era più - conclude il legale - quando fu restituito nel 2013 (dopo la prima decisione del Cedu nei confronti di chi aveva costruito)". In altri termini - è il ragionamento del difensore - senza la confisca, Giem avrebbe potuto edificare, con un diverso progetto conforme a leggi e regolamenti allora vigenti, mentre oggi questo non è più possibile con conseguente ed evidente danno. "Abbiamo combattuto anni - conclude il legale - per porre rimedio a questa assurdità, con esiti negativi innanzi ai giudici italiani e solo il giudice internazionale ha potuto intervenire e porre rimedio, dando ragione alle nostre tesi". Pende, infatti, dinanzi alla Corte di Appello di Bari il processo civile per il risarcimento danni da 52 milioni di euro chiesto dalla società Giem al Comune di Bari, conclusosi in primo grado a favore dell'amministrazione comunale. (ANSA).

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