Veneto

CRV - Pigozzo: "La 'ndrangheta ha messo radici a Verona. Cosa nostra è a casa nostra”

CONSIGLIO REGIONALE VENETO

Cronaca - Pigozzo: "La 'ndrangheta ha messo radici a Verona. Cosa nostra è a casa nostra: fermarli è un dovere di tutti"

(Arv) Venezia 4 giu. 2020 - “Complimenti sinceri innanzitutto al personale del Servizio Centrale Operativo della Polizia e alle squadre mobili di Venezia e Verona per l’operazione che hanno portato a sgominare la ‘ndrina veronese riconducibile alla cosca degli Arena-Nicosia di Isola Capo Rizzuto”. Bruno Pigozzo, vicepresidente del Consiglio regionale del Veneto che ha seguito in questa legislatura ‘l’Osservatorio per il contrasto alla criminalità organizzata e mafiosa e la promozione della trasparenza' commenta l’operazione “coordinata dal Pm di Venezia, Lucia D’Alessandro, che in una inchiesta durata quasi tre anni, ha dimostrato i legami tra la realtà veronese e la ‘ndrangheta calabrese in una architettura strutturata e articolata in diversi segmenti operativi, tra aziende fittizie, imprese edili, gestione dei rifiuti, illeciti vari, una rete capace di coinvolgere persino la municipalizzata Amia, con il riciclaggio di denaro e la creazione di fondi utilizzati per le attività criminali tra cui lo spaccio della droga, come spiegato bene dal procuratore di Venezia, Bruno Cherchi, e da Francesco Messina dell’anticrimine. Che la ‘ndrangheta fosse presente a Verona sin dagli anni Novanta era noto e non a caso la città scaligera era stata posta sotto attenzione anche dalla Commissione Antimafia all’epoca presieduta da Pino Arlacchi. Ma lo scenario che emerge a Verona – ha continuato Pigozzo – è devastante, ben più drammatico di quanto si potesse pensare, con l’inquietante ruolo svolto da Antonio ‘Totareddu’ Giardino che da Sona teneva i legami con la casa madre in Calabria. Lo scorso 21 aprile il Consiglio regionale del Veneto aveva approvato all’unanimità un ordine del Giorno che avevo presentato come primo firmatario e nel quale chiedevano alla giunta di porre la massima attenzione innanzitutto alla lotta al riciclaggio, vigilando attentamente sui procedimenti amministrativi più a rischio. Oggi quella indicazione e le altre che avevano posto come prioritarie ad iniziare dal velocizzare la fase di accesso al credito e ai finanziamenti previsti per la fase dell’emergenza, diventano ancora più pressanti e necessarie alla luce di quanto è emerso: ‘Cosa nostra’ è a casa nostra e lo è con l‘ndrangheta, cioè con l’organizzazione criminale più potente e crudele. Come hanno dimostrato gli inquirenti veneti, le mafie sono un virus che si può sconfiggere e non solo grazie al lavoro straordinario, come abbiamo visto oggi a Verona, dei magistrati e delle forze dell’ordine, ma anche in virtù dei nostri comportamenti, il nostro saper seguire la corretta profilassi che parte dalla difesa della cultura della legalità, dal rifiuto del diventare complici nel silenzio e nell’omertà, nel non guardare, far finta di non vedere e non prendere coscienza di quanto sta accadendo. Ciò vale per i cittadini, per i singoli, come per la politica, per i pubblici amministratori e tutti gli attori sociali ed economici. Diversamente da chi è vittima di un virus, quando si è coinvolti dalla ‘ndrangheta non si è asintomatici, né ci si può considerare immuni dal virus mafioso, che, non dimentichiamolo mai, vive e prospera nel terrore, nel brodo di cultura della violenza, seminando morte, dolore e distruggendo la vita di persone, famiglie ed imprese.”

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